La rockstar: ospite del suo show, ho capito che era un idiota. Replica di
Adriano: è confuso. Il cantante inglese in concerto a Milano e ieri da Fazio
ricorda la tensione del suo incontro col Molleggiato. Che risponde: è venuto
da me solo per lanciare il suo disco
MILANO
Botta e risposta a distanza fra Adriano Celentano e David Bowie. La rock star, nel
corso di un intenso fine settimana milanese che ha incluso uno spumeggiante incontro
sabato mattina, una partita a pallone nel pomeriggio, un concerto per 2.500 fortunati
all'Alcatraz la sera, e ieri una partecipazione con intervista e due canzoni a «Quelli
che il calcio» di Fazio, non aveva evidentemente dimenticato il pessimo clima che si era
creato fra lui e Celentano il 21 ottobre scorso. Lo scambio di battute nel finale era
stato il seguente. Celentano: «Sembra che abbia fretta di andartene». «Ho parlato anche
troppo». Credi che ci rivedremo? «Non mi sembra necessario visto che ci siamo già
incontrati qui». Provocato da una domanda specifica su quell'episodio, Bowie, affabile e
cortese fino a quel momento ha detto: «Ho capito subito perfettamente che era un
"idiot" (che in inglese ha un significato un po più soft di "idiota" n.d.a.).
Ma il mio scopo era solo quello di fare sentire la canzone. Non mi inviterà più e mi
spiace...».
Fabio Fazio, che aveva inviato una sua «talpa» alla conferenza stampa, ha colto la
palla al balzo e ieri ha inserito nell'intervista molte allusioni all'episodio. Prima
imitando Celentano e dicendo a Bowie "sei forte David, sei forte", poi
facendogli presente che non gli avrebbe chiesto una ricetta per far cessare la guerra nel
mondo. Mentre era in corso lo show di Fazio, Celentano diffondeva la sua replica: «Caro
Bowie, io sarò un idiota, ma certamente essere quotato in Borsa quantomeno ti rende
confuso». «Il tema dell'intervista - spiega Celentano - nasce da una dichiarazione che
Bowie aveva fatto a Parigi e nella quale diceva che partecipava volentieri a
"Francamente me ne infischio" perché io ero "socialmente impegnato".
Illudendomi quindi che dicesse la verità, durante lo show cercai di coinvolgerlo sul
piano sociale, constatando invece che lui era "socialmente impegnato" solo a
promuovere il suo disco».
Concerto folgorante quello dell'Alcatraz, nella tipica atmosfera da club in cui i
grandi del pop inglese danno il meglio. Intonazione perfetta, clima retrò sia nelle
vecchie canzoni («Ashes to ashes», «Change», «China Girl», «Rebel») che nelle
nuove fra cui «Thursday Child», «Survive». Molto ricco di spunti anche l'incontro,
all'insegna dell'ottimismo: «Ogni giorno è un grande giorno... agli azionisti della mia
compagnia do soddisfazioni quotidiane... non ho consigli per i giovanissimi, però
eviterei i cattivi maestri come Kerouac... non vorrei tornare indietro». E poi: «Non mi
ripeto mai nei concerti dal vivo, ciascuno è diverso, per questo mi diverto, l'entusiasmo
è il mio motore primo. Ogni album che ho fatto è il meglio che io potevo esprimere nel
periodo che vivevo. E' il massimo traguardo per un artista. "Hours" è lo
specchio della mia vita: grandi gioie e grandi tragedie».
Mario Luzzatto Fegiz