Scampati miracolosamente da tutti gli eccessi, da tutte le cadute, David Bowie e Iggy Pop non si accontentano di essere dei grandi sopravvissuti. Entrambi pubblicano, a cinquantasei anni, album dignitosi e forti: un semplice rock per l’avvincente Reality di Bowie, un rock feroce per Skull Ring di Iggy Pop. Tutti e due hanno risposto, a distanza, alle stesse domande: intimi, strani e in grande forma.
di Stéphane Deschamps e Anne-Claire Norot.
Messi insieme, Iggy Pop e David Bowie avrebbero l’età (112 anni, 56 ciascuno) per essere la più vecchia rock-star del mondo. Il rock, quello vero, festeggerà i suoi cinquanta anni l’anno prossimo. Per celebrare l’avvenimento, i suoi figlioletti hanno già acceso le candeline a forma di chitarra elettrica. Messosi spesso sotto la doppia influenza di Iggy Pop e David Bowie, il grande ritorno del rock, che ci delizia (ma a volte lo si ripete spesso) da qualche anno, non va avanti senza che ci si pongano delle domande: i gruppi rock di oggi fanno la vecchia musica dei giovani o la nuova musica di vecchi? Qual è il confine tra giovinezza e giovanilismo, creazione e reazione? Bisogna veramente tirare fuori gli stivaletti a punta e stracciare le calze a rete? Siete più Gibson o Strato? A tutte queste domande cruciali, Iggy Pop e David Bowie risponderanno se non con le loro canzoni (ma non in coro: per l’intervista che segue,sono stati intervistati separatamente, sottoponendoli alla stessa sequenza di domande). Bowie risponde con Reality, l’album di ritorno al pop puro e semplice, dopo anni di sperimentazione e di fuga in avanti. Iggy risponde con Skull Ring (in uscita il 30 settembre), l’album della riunificazione degli Stooges e della presentazione della Iggy Pop Star Academy(vi si incontrano i neo punk Green Day e Sum 41, così come la cantante di porno-karaoke Peaches). Due dischi apprezzabili e talvolta adorabili, all’altezza dell’ammirazione sempre rinnovata che questi cinquantenni generano. Come Dylan, Neil Young, i bluesmen dell’etichetta Fat Possum o il vino, David Bowie e Iggy Pop invecchiano bene. L’iguana ed il camaleonte sono dei monumenti storici, certo, ma non degli animali preistorici.
Da quali basi siete partiti per la registrazione dei vostri nuovi album?
David Bowie – Avevo voglia di fare un album che si adattasse bene al mio gruppo dal vivo, questo è tutto, più o meno; non sapevo veramente attorno a cosa le canzoni sarebbero ruotate. E, una volta terminato l’album, mi sono reso conto che buona parte del disco era stata scritta sotto l’influenza della mia vita a New York. Tutte le canzoni sono state scritte “downtown” , in un’atmosfera energica, eccitante. New York è molto vibrante in questo momento, la città spumeggia. A causa dei traumi, ma anche per le cose positive, è un po’ la città di questo inizio di secolo.
Iggy Pop – Se c’è una scintilla alla base del disco, viene dalla mia voglia di provare cose mai tentate prima: lavorare con persone differenti, e non solo con la mia band abituale. Col gruppo neo-punk col quale suono, trovo che ci siano molto più competenze tecniche che personalità. Volevo utilizzare la loro competenza e la mia personalità. Questo processo mi ha portato a riscoprire gli Stooges. Quando siamo entrati in studio volevamo innanzitutto provare di essere ancora capaci di fare suonare una canzone. E poi che si poteva fare un buon concerto. Abbiamo dimostrato tutte due le cose, mi basta questo. Non è tanto il formato chitarra-basso-batteria che mi eccita, ma il chitarrista, il bassista ed il batterista. Adoro le persone con le quali sto suonando.
Come restate in contatto con la musica di oggi? Avete la stessa curiosità di trent’anni fa?
David Bowie – Sono sempre stato così. Anche da adolescente, bisognava fossi il primo del quartiere a scoprire queste cose, ad andare nei posti nuovi. Ho avuto un disco dei Velvet Underground prima di chiunque in Gran Bretagna. Vero! Era un test-pressing che un amico, che non aveva idea di cosa avesse in mano, mi aveva dato. Quando ho sentito Waiting For The Man per la prima volta mi sono detto che quello era il miglior gruppo del mondo. Nessuno scriveva così all’epoca, era fantastico. Ho rifatto la canzone col mio gruppo, prima del dicembre dello stesso anno, quando l’album dei Velvet uscì nel febbraio dell’anno successivo! Non male eh? Ed oggi io mantengo questo interesse completamente vitale per la cultura, per la mia cultura e per la società in cui vivo.
Iggy Pop – Io non esco molto, non ho mai comprato dischi in quantità, ma il poco che faccio basta. Se io vado in due o tre concerti all’anno, sono in generale i concerti a cui bisogna esserci. Ho naso a trovare delle buone cose. Amo rovistare nei negozi di dischi. Ho scoperto Eminem prima che fosse conosciuto, ho comprato il suo disco a Miami perché mi è piaciuto il logo del suo nome sulla copertina. Ho sentito RL Burnside molto tempo fa ed ora ho tutti i dischi usciti dalla Fat Possum. E’ la sola etichetta alla quale posso dare fiducia, le altre sono bidoni, anche le indipendenti. Adoro la Fat Possum.
Cosa vi spinge a continuare?
David Bowie – Cos’altro potrei fare? Dovrei fermarmi per il piacere di fermarmi? La musica è il mio mestiere, non si può tornare indietro. Non potrei non farne.
Iggy Pop – Ci sono persone che hanno un’enorme carriera commerciale in dieci anni e dopo aprono un bar. Faccio fatica a comprenderli. La musica è tutto ciò che ho sempre voluto fare. La sognavo a 16 anni e spero di continuare fino alla fine dei miei giorni.
Qual è per voi la funzione della musica oggi?
David Bowie – Attraverso le mie canzoni, ho l’impressione di porre sempre le stesse domande da trent’anni: perché ci si sente tanto abbandonati? perché si vive con questa impressione di isolamento? Faccio la stessa canzone da trentaquattro anni. Non mi aspetto delle risposte, ma non posso smettere di pormi questa domanda – e finirò col pormela ancora. Invecchiando, ho l’impressione che il numero di soggetti sui quali scrivo si riduca. Ma le domande poste sono sempre più importanti: la vita, la morte, Dio.
Iggy Pop – Ascolto jazz quasi tutti i giorni. Jazz registrato tra gli anni ’30 e ’60. Mi aiuta a star bene, semplicemente. In quanto musicista, la musica è uno stimolante, come il caffè. Mi fa urlare, mi fa avere voglia di venire alle mani. Amo sentirmi così, ma non per sempre.
Siete sensibili alla nuova ondata dei gruppi rock che vi prendono talvolta come esempio?
Iggy Pop – Il modo col quale l’industria fa apparire questi gruppi è sbalorditivo: ce n’è uno nuovo ogni anno, ma questo non vuol dire che ci saranno anche l’anno dopo. Questi gruppi sono molto ambiziosi, diversi dalle persone della mia generazione. Noi vivevamo in una situazione economica più facile, ci vedevamo più come artisti che come uomini d’affari.
David Bowie – Talvolta si capisca il grosso lancio pubblicitario a chilometri di distanza. Quando la casa discografica fa pubblicità mettendo la cantante in primo piano, tutto questo non promette nulla di buono. MI spaventano i gruppi già di moda col loro primo album, come gli Strokes. Spero che non li si butti via con cattiveria se il secondo album non sarà immediatamente accolto tanto bene come il primo.
Iggy Pop – Nell’industria discografica, c’è stato troppo denaro in troppo poco tempo. Artisti che devono ancora maturare si sono ritrovati con un pacco di soldi e questo ha ucciso il talento. Questo può uccidere artisticamente o fisicamente, come Kurt Cobain. Anche dopo essere esploso, Elvis ha girato ancora degli anni per guadagnarsi da vivere. Allo stesso modo per gli Stones, gli Who o anche i Beatles. Ci hanno messo del tempo per arrivare. La domanda è: gli artisti ci sono soltanto per il divertimento, come clown intercambiabili, o sono in contatto con qualcosa di più intimo e profondo?
Diventare vecchi vi angoscia?
David Bowie – E’ qualcosa che mi preoccupa continuamente. Non ne ho paura, ma sono sconcertato, perplesso. La cosa più deludente per me nella vecchiaia, è di dover smettere di vivere, io ho una vorace voglia di vivere. Ho ancora molte cose da compiere. In ogni caso non rimpiango la mia gioventù, sono stato innamorato tante volte, ed ogni volta sono stato deluso. Non era poi così cool (ride).
Iggy Pop – Sto vivendo adesso il miglior periodo della mia vita, qualcosa di bellissimo. Mi sembra di essere più giovane che mai. Ho fatto più cose negli ultimi cinque anni che nell’intera vita. L’età è sinonimo di bellezza per me. La cosa più brutta della mia giovinezza era la paura dell’ignoto dovuta a mancanza di esperienza, non conoscevo il mondo chi mi stava intorno. Oggi apprezzo il valore della vita. Ma certo ci sono dei lati deboli. Il mio problema oggi sono i pezzi di ricambio. Sono come una vettura che va ancora benissimo a condizione che la si controlli e che le si cambi qualche pezzo regolarmente. Ho bisogno di due paia di occhiali, di mettermi qualcosa sui capelli per non aver l’eczema, di coricarmi presto. Il lato buono è che tutto ciò porta disciplina. Ho sempre saputo fare marcia indietro quando mi sono spinto troppo in là negli eccessi e, dopo anni, faccio molta attenzione a me stesso. So che, se non faccio attenzione, potrei diventare sordo fra cinque anni, devo lavarmi i denti regolarmente se voglio che me ne restino. Sono ammaccato dappertutto, ma nulla di così grave da abbattermi. E la mia musica mi preserva.
A vedere come sono invecchiati la maggior parte dei bluesmen dà comunque ottime speranze sul modo in cui si può invecchiare nel rock…
David Bowie – Esatto. Ed ora il rock comincia anche a dimostrarlo. Neil Young e Bob Dylan sono stati sempre fedeli alla loro strada, fanno ciò che vogliono, lavorano sempre molto e fanno dei concerti incredibili. Sono prossimi a diventare i nuovi Muddy Waters o John Lee Hooker. A loro modo stanno prendendo la strada dei vecchi bluesmen. Eh sì! Hanno quasi sessanta anni, hanno l’aria di essere ancora in forma, capaci di sgobbare. Non siamo in uno stato preoccupante, no? Non abbiamo l’aria di burattini, o no? La prova è data dal pubblico che continua a venire.
Iggy Pop – Il mio sogno sarebbe di fare come i vecchi bluesmen: una cosa acustica, un album di blues da solo. Ho frequentato alcuni bluesmen dell’etichetta Fat Possum ed ho ascoltato i loro dischi. Mi hanno insegnato parecchie cose. Primo: prenditi il tuo tempo. Secondo: restare semplici. Terzo: la musica commerciale è una merda. Quarto: contrariamente a quello che si dice il Mississippi è lo Stato più bello dell’America, con la gente più adorabile.
La vostra musica è adesso condivisa da diverse generazioni di ascoltatori…
David Bowie – Ho sempre avuto l’impressione che la mia musica facesse da collegamento tra le generazioni. La mia tradizione di scrittura viene da questa corrente incredibilmente creativa prima di me: i Beatles, i Beach Boys … Di colpo, quando sono arrivato, io il pop era già sofisticato, anche i genitori capivano la pop music. Per tutta una generazione è divenuta una bibbia. Il rock è diventato la musica dei giovani, la vera musica popolare, non solo dei teen-agers. Io posso rovistare nelle collezioni di dischi dei ragazzi e ci troverò molte cose che capisco e che mi piacciono. Se io avessi rovistato nella collezione di dischi di mia madre ci avrei trovato Bing Crosby, Sinatra, la Mélodie du bonheur, Pat Boone. Io amavo Little Richard. Non ci si poteva comprendere. Questo adesso è tutto finito. Non ci sono più guerre generazionali. Il solo peso che possono ancora avere queste divisioni tra generazioni, è da un punto di vista consumistico, con il capitalismo che è una croce enorme da portare per i Paesi occidentali. Là dove ci sono più soldi è nei portamonete dei 12-25enni. E’ denaro per le piccole spese che può essere speso per qualsiasi cosa ed è a questo mercato che si rivolge la pubblicità. Questo aspetto del marketing mi rende furibondo. Bisogna battersi contro tutto ciò. Questo produce anche una falsa distinzione tra le età che non esisterebbe senza i media ed il marketing.
Iggy Pop – Tutto quello che posso dire è che vedo gente di tutte le età ai miei concerti. Cioè… non credo che il rock abbia mia scavato una fossa tra le generazioni. E’ stato rapidamente venduto così perché il capitalismo mondiale voleva creare un mercato. Il modo in cui l’industria discografica è ossessionata dalla giovinezza è patetico. Questo fa parte di quella idea secondo la quale il mondo non sarebbe che un gigantesco mercato. Ma è impossibile, non si può governare il mondo come un mercato: è ciò che dicono i musulmani alla famigliaBush. La famiglia Bush è lo strumento di forza del mercato, della crociata del mercato. Per ritornare al rock’n’roll, all’inizio spiega più la lotta di classe ed il conflitto razziale che la separazione tra le generazioni. Non preoccupava i genitori di Elvis che lui ancheggiasse e cantasse come un nero. Questo dava fastidio alle persone del Nord, chi aveva l’educazione e i soldi, oltre ai fondamentalisti religiosi e i razzisti del sud. Elvis amava il gospel, il blues, il rockabilly, che non erano musiche generazionali all’inizio. La giovinezza non rende interessanti, capaci o cool. Un giovane rotto in culo è prima di tutto un rotto in culo.