David Bowie is La Mostra

FINALMENTE IN ITALIA DAVID BOWIE IS

AL MAMbo DI BOLOGNA SI APRE
LA PRIMA RETROSPETTIVA INTERNAZIONALE DEDICATA ALLA CARRIERA DEL GRANDE ARTISTA INGLESE

UNICO APPUNTAMENTO ITALIANO dal 14 luglio al 13 novembre 2016

Apre finalmente in Italia David Bowie is, una delle mostre di maggior successo degli ultimi anni realizzata dal Victoria and Albert Museum di Londra (V&A), la prima retrospettiva dedicata alla straordinaria carriera di David Bowie, uno degli artisti più audaci, influenti e innovativi nel panorama musicale contemporaneo. La tappa di Bologna rappresenta l’unico appuntamento italiano.

David Bowie is, partita da Londra nel 2013, dopo essere stata a Chicago, San Paolo, Toronto, Parigi, Berlino, Melbourne e Groningen, sarà aperta al pubblico dal 14 luglio al 13 novembre 2016 al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna|Istituzione Bologna Musei, sede espositiva che produce e ospita importanti mostre dedicate ad artisti italiani e internazionali e, oltre alla propria Collezione Permanente focalizzata sull’arte italiana dagli anni Cinquanta a oggi, espone nelle sue sale la Collezione del Museo Morandi, la più ampia e rilevante raccolta pubblica dedicata a Giorgio Morandi.

La mostra celebra la prolifica carriera di David Bowie che, con 145 milioni di dischi venduti, è riuscito in cinque decadi a perseguire in modo duraturo l’innovazione senza mai tradire se stesso e il suo pubblico.
Il percorso si sviluppa attraverso contenuti “multimediali” che conducono il visitatore all’interno del processo creativo del Duca Bianco e descrive come il suo lavoro abbia canalizzato i più ampi movimenti nell’ambito dell’arte, del design, del teatro e della cultura contemporanea. Il ritratto che emerge è quello di un artista capace di osservare e reinterpretare la società contemporanea con uno sguardo innovatore lasciando tracce indelebili nella cultura visiva e pop.

I curatori della mostra del V&A Victoria Broackes e Geoffrey Marsh hanno selezionato più di 300 oggetti dell’archivio personale del musicista tra cui: l’outfit di Ziggy Stardust (1972) disegnato da Freddie Burretti, fotografie di Brian Duffy; le creazioni sgargianti di Kansai Yamamoto per il tour di ‘Aladdin Sane’ del 1973, il cappotto con la Union Jack disegnato da Bowie assieme a Alexander McQueen per la cover dell’album Earthling (1997), le artistiche cover degli album realizzate da Guy Peellaert e Edward Bell e del penultimo album The Next Day (2013); estratti di video e performance live come The Man Who Fell to Earth, video musicali come Boys Keep Swinging e arredi creati per il Diamond Dogs tour (1974). Oltre a oggetti personali quali i testi originali delle sue canzoni scritti a mano, spartiti musicali che denotano la sua evoluzione creativa e musicale, e alcuni dei suoi strumenti.

I due curatori concludono la prefazione del catalogo della mostra (in Italia edito da Rizzoli) affermando: “Il catalogo musicale di Bowie, insieme al suo archivio, ci fornisce materiale fantastico per un’esposizione, ma solo in parte riesce a spiegare il ruolo iconico e la condizione di crescita continua dell’artista. La restante parte del quadro si trova nei cambiamenti del mondo intorno a noi e in noi stessi, il suo pubblico”.

La mostra, che nella sola Londra è stata vista da oltre 1,4 milioni visitatori, è tematicamente suddivisa in tre principali sezioni:
La prima
introduce il pubblico ai primi anni di vita e della carriera di David Bowie nella Londra del 1960, risalendo man mano fino al punto di svolta del singolo ‘Space Oddity’ datato 1969. Tra le perle in mostra gli LP dei suoi eroi musicali come Little Richard, gli schizzi degli allestimenti del palco e i costumi creati per i suoi gruppi giovanili Kon-­‐RADS e The King Bees. Particolare attenzione è posta poi sul primo grande successo di Bowie, ‘Space Oddity’ (1969) e sul personaggio di fantasia Major Tom, protagonista del brano, che sarebbe stato rivisitato da Bowie in ‘Ashes to Ashes’ (1980) e ‘Hallo Spaceboy’ (1995). Il visitatore è accompagnato anche all’interno del processo creativo di David Bowie, la sezione rivela, infatti, le differenti fonti d’ispirazione che hanno dato forma alla sua musica e allo stile delle sue performance: dal surrealismo al teatro brechtiano, dai mimi dell’avanguardia ai musical del West-­‐End londinese, dall’espressionismo tedesco alle performance giapponesi di kabuki.

La seconda si concentra invece sul processo creativo di Bowie nella genesi degli album e nell’elaborata progettazione dei suoi shows incentrati su personaggi e racconti romanzati. Il 1972 è l’anno di svolta con la nascita della sua creazione più famosa: Ziggy Stardust, l’umana manifestazione di un essere alieno che tanta influenza ha avuto nella cultura pop. In esposizione l’abito multicolore originale indossato per la fenomenale esibizione di ‘Starman’ a Top of the Pops nel 1972, i costumi da The 1980 Floor Show (1973), ritagli di stampa e materiale che evidenziano le trasformazioni stilistiche di Bowie e la sua influenza sulla mobilità sociale e l’emancipazione gay.

La terza sezione, delle stesse dimensioni delle precedenti, immerge il pubblico nello spettacolare mondo dei grandi concerti live di Bowie. In quest’ultima parte, le presentazioni audio e video di grandi dimensioni sono accoppiate all’esposizione di diversi costumi di scena e materiali originali dell’artista. Uno spazio audio visivo che sommerge il visitatore e presenta alcuni dei video più ambiziosi di Bowie tra cui ‘DJ’ (1979) e ‘The Hearts Filthy Lesson’ (1995) o le immagini scoperte di recente di Bowie che esegue Jean Genie a Top of the Pops del 1973. La mostra si conclude con una serie di fotografie realizzate da fotografi del calibro di Helmut Newton, Herb Ritts e John Rowlands. I ritratti si affiancano a un collage di proiezioni che illustrano l’immensa influenza creativa del Duca Bianco, e la sua diffusa presenza nella musica, nella moda, negli effetti visivi contemporanei e nella cultura virtuale.

Questo format espositivo consente al visitatore di apprezzare tutta l’energia teatrale e performativa di Bowie in una modalità aperta e senza alcuna limitazione.

Note sul V&A: Il V&A è uno dei più importanti musei di arte e design del mondo e vanta una collezione impareggiabile per portata e varietà. E’ stato istituito per mettere le opere d’arte a disposizione di tutti e per essere d’ispirazione per i designer e i progettisti britannici. Oggi le collezioni del V&A, provenienti da tutto il mondo e che coprono oltre 5000 anni di storia della creatività umana rappresentata attraverso ogni mezzo disponibile, continuano ad intrigare, ispirare ed informare.

DAVID BOWIE IS …. HIGHLIGHTS

Konrads

 

David Bowie nei The Kon-­‐rads, foto di Roy Ainsworth (1963)

David o “Davie” Jones, come veniva chiamato all’epoca, diviene parte attiva della fiorente scena musicale londinese in giovane età. Ancor prima di abbandonare la scuola, a 16 anni, entra a far parte della band The Kon-­‐rads, nella quale aveva il ruolo di sassofonista e cantante.

Mostrando sin da subito quella peculiare energia che ha guidato la sua intera carriera da solista, Bowie trascorre gli anni Sessanta sperimentando generi musicali e artistici diversi, cambiando look ed esibendosi con svariate band.

Nel 1965 cambia il suo nome d’arte in David Bowie.
La mostra “David Bowie is” ospita diversi oggetti risalenti ai primi anni di carriera dell’artista, tra cui spiccano scenografie, costumi, poster grafici creati per le sue prime band e video delle sue prime performance.

 

 

TutaZiggy

 

Tuta di Ziggy Stardust disegnata da Freddie Burretti (1972)

Il 6 Luglio 1972 David Bowie si esibisce all’interno del programma televisivo della BBC ONE Top of the Pops con il brano Starman, primo singolo estratto dall’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Questa performance si rivela cruciale in quanto segna la consacrazione di David Bowie a star della musica. Questo passaggio televisivo viene ancora oggi ricordato come un vero e proprio “spartiacque”, che ha cambiato per sempre la storia della musica rock e della cultura giovanile. Comparendo su una tv nazionale con i suoi capelli arancione fiammante, il make-­‐up, l’abbigliamento multi-­‐colour e gli stivali di vernice rossa, Ziggy e il suo il look ultraterreno, enfatizzato dalla nota ambiguità sessuale, hanno scosso nel profondo la cultura pop. All’interno della mostra è possibile ammirare sia il costume che gli stivali originali disegnati da Freddie Burretti e realizzati in collaborazione con lo stesso Bowie, il quale si ispirò ai costumi indossati dalla banda dei Drughi nel film di Stanley Kubrick Arancia Meccanica (1971).

 

 

 

 

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Foto di Brian Duffy per la copertina dell’album Aladdin Sane (1973)

Influenzato dall’arte performativa contemporanea e dalle tradizioni teatrali, David Bowie sembra nato per creare personaggi drammatici e romanzati. Il suo sesto album in studio segna la nascita del personaggio “schizofrenico” di Aladdin Sane, che rappresenta un’evoluzione con richiami giapponesi della creatura da “era spaziale” che fu Ziggy Stardust. Per creare la perfetta immagine di copertina per questo album, Bowie collabora con il fotografo Brian Duffy, Celia Philo e il make-­‐up artist Pierre Laroche. Da questo lavoro nasce una delle immagini più iconiche della cultura pop mondiale. Il disegno del “flash” è stato riprodotto in innumerevoli forme e ripreso da star del calibro di Lady Gaga e Kate Moss. Nella mostra troviamo il provino di contatto di Brian Duffy per la foto di copertina dell’album Aladdin Sane.

 

 

 

TesiCutup

 

Tesi “cut-­‐up” di David Bowie per il brano “Blackout” dall’album “Heroes” (1977)

David Bowie partecipa attivamente a ogni fase della sua produzione artistica, dalla scrittura dei brani alla registrazione, passando per la produzione, il design dei costumi, l’ideazione delle scenografie e la creazione dell’artwork degli album. Durante il processo creativo Bowie si trova spesso ad utilizzare tecniche appartenenti a pratiche creative diverse e adottate da altri artisti. Tra gli esempi più rappresentativi ricordiamo la tecnica del “cut-­‐up” nella scrittura, insegnatagli da William Burroughs, e le carte delle “Strategie Oblique” create da Brian Eno e Peter Schmidt, che venivano usate per stimolare nuove idee e approcci diversi durante le sessioni di registrazione. All’interno della mostra è possibile ammirare i testi scritti a mano di brani come Fame (1975), “Heroes” (1977) e Ashes to Ashes (1980), appunti di registrazione e strumenti musicali di proprietà di Bowie.

 

 

 

 

 

TutaRighe

 

 

Tuta a righe di Kansai Yamamoto per il tour di Aladdin Sane e foto a cura di Masayoshi Sukita (1973)

Bowie vede per la prima volta il lavoro del fashion designer giapponese Kansai Yamamoto in occasione della mostra Kansai in London nel 1971. All’epoca non poteva permettersi i modelli originali quindi inizia a copiarne lo stile, con l’aiuto di amici come Natasha Korniloff e Freddie Burretti, creando versioni più economiche delle tute e degli stivali con la zeppa firmati da Yamamoto. Dopo il successo di Ziggy Stardust, Bowie contatta Yamamoto per commissionargli una serie di incredibili costumi di scena per il tour di Aladdin Sane del 1973. Questi outfits, ispirati allo stile dei samurai giapponesi e degli attori kabuki, sono provocatori, scultorei e di grande impatto. La mostra ospita diversi costumi di Kansai Yamamoto, inclusa la famosa tuta nera e bianca a righe e il mantello bianco con la scritta “David Bowie” in caratteri kanji giapponesi. In esposizione troviamo anche una tuta sgargiante risalente alla mostra di Yamamoto del 1971, che fu donata al museo V&A di Londra.

 

 

 

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Foto promozionale di David Bowie per Diamond Dogs (1974) a cura di Terry O’Neill

Durante gli ultimi 50 anni, Bowie ha collaborato con numerosi fotografi di fama internazionale, che hanno saputo catturare lo stile, l’energia della sua musica e la peculiarità delle sue esibizioni dal vivo. All’interno dell’esposizione è possibile ammirare i provini fotografici di contatto originali degli scatti promozionali realizzati per Diamond Dogs da Terry O’Neill. Il provino fotografico mostra un rilassato David Bowie con indosso un cappello spagnolo Cordoba, per nulla turbato dall’enorme cane alla sua destra, intento a protendersi verso un pezzo di carne. In mostra anche gli incredibili scatti realizzati da fotografi del calibro di Brian Duffy, Frank Ockenfels, Herb Ritts e John Rowlands.

 

 

 

 

 

 

ScenDDogsModello del progetto di scenografia per il tour di Diamond Dogs, realizzato da Jules Fisher e Mark Ravitz (1974)

Pubblicato nel 1974, l’album di David Bowie Diamond Dogs segna la fine del suo periodo Glam Rock e innesca un cambiamento radicale nello stile dell’artista. Il disco viene promosso con un tour negli USA, le cui coreografie sono state ideate da Bowie e Toni Basil, mentre la scenografia è stata progettata da Jules Fisher, Mark Ravitz e dall’ingegnere del suono Chris Langhart. Lo stage set e lo stesso album evocano un mondo sotterraneo urbano distopico, ispirato in parte dalla lettura del romanzo di George Orwell “1984” (1949) e dalla lettura del libro di William Burroughs The Wild Boys: A

Book of the Dead (1971). Questo è stato uno degli spettacoli rock più sontuosi mai realizzati e segna un’evoluzione pioneristica nella realizzazione degli spettacoli teatrali rock a livello mondiale. All’interno della mostra si trova il modellino della scenografia del tour insieme alla copertina di Diamond Dogs dipinta da Guy Peellaert e a diversi costumi di scena, video inediti del tour e gli storyboards di Bowie per un musical che probabilmente fu poi trasformato nell’album in studio e nello spettacolo dal vivo.

CollageTMWFTH

 

Collage di foto della pellicola manipolata del film The Man Who Fell to Earth, diretto da Nicolas Roeg, in collaborazione con David Bowie (1975-­‐76)

Oltre ad aver raggiunto un enorme successo come musicista e performer, David Bowie ha avuto anche una lunga carriera da attore. Da giovane l’artista studia mimo d’avanguardia con il maestro di mimo e coreografo Lindsay Kemp. Nel 1976 Bowie partecipa al suo primo film, The Man Who Fell to Earth, diretto da Nicolas Roeg. Il carisma di Bowie e la sua aura ultraterrena si adattano perfettamente al personaggio dell’extraterrestre Thomas Jerome Newton, che nel film resta bloccato sulla Terra. Roeg lo scrittura dopo aver visto il documentario di Bowie Cracked Actor (1974) e si racconta che abbia dovuto aspettare 8 ore per poter parlare del progetto con Bowie, che aveva dimenticato il loro appuntamento. L’artwork della copertina dei successivi due album di Bowie, Station to Station e Low, incorporano entrambi dei fotogrammi tratti dal film The Man Who Fell to Earth, mostrando David Bowie nelle vesti del personaggio del film. All’interno della mostra è possibile visionare estratti del film all’interno di una speciale sala proiezioni.

 

 

 

 

Pierrot

 

 

Il costume di Pierrot di Natasha Korniloff disegnato per lo scatto di copertina dell’album Scary Monsters… (and Super Creeps) e per il video del singolo Ashes to Ashes, foto a cura di Brian Duffy (1980)

Uno dei collaboratori di lungo corso di Bowie è la costumista Natasha Korniloff, che ha creato numerosi outfit per gli spettacoli di Ziggy Stardust, tra cui ricordiamo i concerti al Rainbow Theatre (1972) e il The 1980 Floor Show (1973). Korniloff ha disegnato inoltre il costume visibile nella foto di copertina dell’album Scary Monsters… (and Super Creeps) (1980) e indossato da Bowie nel video originale e innovativo del singolo Ashes to Ashes, co-­‐diretto con David Mallet. La mostra ospita il costume argentato originale di Pierrot e gli storyboards oiginali scritti a mano dallo stesso Bowie per il video di Ashes to Ashes.

 

 

 

ThinDuke

 

Foto di John Rowlands che ritrae David Bowie mentre si esibisce nelle vesti del The Thin White Duke durante il Station to Station tour (1976)

The Thin White Duke è un personaggio da palco che nasce con l’album Station to Station (1976). Vestito con stile e semplicità, con indosso una camicia bianca, pantaloni neri e gilet, con i capelli biondi impomatati e un pacchetto di sigarette Gitanes, The Thin White Duke evoca l’atmosfera della Berlino degli anni Venti. Ispirato alla produzione del West End di Cabaret (1968) con Judi Dench, la scenografia di palco per il tour di

Station to Station viene illuminata con una forte luce bianca, che enfatizza la teatralità monocromatica del personaggio The Thin White Duke. I costumi di scena per il tour vengono disegnati da Ola Hudson e alcuni di questi sono visibili all’interno della mostra.

AutoRitratto

 

 

Autoritratto di David Bowie nella stessa posa adottata nell’immagine di copertina dell’album “Heroes” (1978)

Verso la fine degli anni Settanta David Bowie lascia Los Angeles e la pressione causatagli dalla notorietà per trasferirsi a Berlino con Iggy Pop, con l’obiettivo di cercare nuova ispirazione e vivere una vita in relativo anonimato. Qui l’artista inizia a lavorare alla serie di album sperimentali e pionieristici conosciuti come La trilogia di Berlino. Low (1977), “Heroes” (1977) and Lodger (1979) vengono registrati in collaborazione con Brian Eno e Tony Visconti, e sono considerati ancora oggi gli album più sperimentali di Bowie, che introduce nel suo repertorio la musica elettronica, l’improvvisazione e una serie di nuovi effetti strumentali. La mostra esplora le influenze di Bowie in questo periodo, come ad esempio il Dadaismo, l’Espressionismo Tedesco e il cabaret, e lo fa attraverso l’esposizione di cartoline, flyers e dipinti realizzati dall’artista durante il periodo berlinese.

 

 

 

 

UnionJack

 

 

Cappotto Union Jack realizzato da Alexander McQueen in collaborazione con David Bowie per la copertina dell’album Earthling, foto a cura di Frank W Ockenfels 3 (1997)

Lo stile di David Bowie ha avuto un impatto significativo sulla moda a livello mondiale. Durante la sua carriera l’artista ha mostrato una sorprendente capacità di influenzare e anticipare i trend futuri. Ha collaborato con numerosi fashion designers come Alexander McQueen, Hedi Slimane, Giorgio Armani, Thierry Mugler, Issey Miyake e Kansai Yamamoto. La mostra ospita il cappotto Union Jack originale di Alexander McQueen Union, indossato nella foto di copertina dell’album Earthling (1997) e disegnato in collaborazione con lo stesso Bowie. Questo cappotto combina insieme elementi classici del design britannico, rappresentato dalla bandiera Union Jack, con le tecniche di sartoria affinate da McQueen a Saville Row, che esprimono un’estetica punk iconoclasta e sovversiva.

 

 

Photo Gallery David Bowie is MAMbo Bologna:

 

Se avete informazioni o materiale da inviarci scrivete a info@davidbowieitalia.it

Autore

  • Crew DBI

    La Crew al timone di David Bowie Italia | Velvet Goldmine è formata da Daniele Federici e Paola Pieraccini. Daniele Federici è organizzatore di eventi scientifici ed è stato critico musicale per varie testate, tra cui JAM!. È autore di un libro su Lou Reed del quale ha tradotto tutte le canzoni. Paola Pieraccini, imprenditrice fiorentina, è presente su VG fin dall'inizio e lo segue dagli anni '70. Entrambi hanno avuto modo di incontrare Bowie come rappresentanti del sito.

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