Anteprima/LP David Bowie
“Pin Ups” è il nuovo album di David Bowie. In esso sono contenuti tutti quei brani degli anni cinquanta e del “primo rock” che hanno maggiormente influenzato la sua carriera musicale. Ecco cose riproposti sotto una luce filtrata “al futuro” motivi degli Who, dei Kinks, degli Yardbirds. Tutto il LP in anteprima “brano per brano”. Una notizia esclusiva: David Bowie dovrebbe interpretare la parte principale nel film che verrà tratto dall’opera rock “Tommy”
Omaggio alla decadenza
L’uscita di “Pin Ups“, il nuovo album di David Bowie, lascia per lo meno perplessi. A prima vista, sembrerebbe infatti di trovarsi di fronte a una battuta di arresto nella carriera dell’artista, dopo il crescendo vertiginoso della sua scalata ai vertici della popolarità.
Tutto questo, apparentemente, viene a mancare, e leggiamo abbastanza sbalorditi che i titoli dei brani sono tutti vecchi hit dei primi anni Sessanta, di gruppi spesso gloriosi della prima ora dell’era beat.
Ma subito, ad un secondo ascolto, ci si rende perfettamente conto che Bowie ha fatto centro ancora una volta: non un improvviso esaurirsi della creatività, dunque, non un improvviso e immotivato colpo di testa: il tutto, invece, è il risultato estremo di una logica rigorosa, di una luminosa scelta, limpida e ben precisata in tutte le sue caratteristiche.
Pare, infatti, che questo sia un momento di particolare narcisismo per i super-miti del rock decadente: anche Bryan Ferry dei Roxy Music fa uscire in questi giorni un solo in cui egli riprende tutti quei brani degli anni ’50 e del primo rock che hanno maggiormente influenzato la sua carriera musicale.
E questa, a mio giudizio, è la stessa prospettiva dell’album di David, con in più una grossa constatazione: Bowie, attualmente, conferma particolarmente con questo album di incarnare la più completa sintesi, il più geniale filtraggio di tutti i temi culturali del rock, dagli anni Cinquanta al Duemila.
David Bowie è insieme ad Elton John il primo musicista della seconda generazione rock che ha saputo guardare dal di fuori ai dieci anni appena passati, traendone un filo conduttore generale e riproponendolo nella sua sintesi più esplosiva e naturalmente più attualizzata in senso futurista.
E ammettiamolo pure: per un artista affermato, la più grande lussuria è proprio quella di poter permettersi un album che riunisce tutti i motivi che l’hanno direttamente formato: ascoltando queste nuove versioni bowiane di vecchi notissimi hit degli Who, dei Kinks, degli Yardbirds, ci accorgiamo per la prima volta con estrema chiarezza di quanto egli in realtà debba a tutti loro. E il fatto che David ce lo lasci comprendere con tanta chiarezza testimonia della sua onestà: il migliore allievo, diventato grande, non si dimentica dei suoi maestri, ma rende loro un appassionato omaggio.
Mancano in questa rassegna di Pin-Ups i quattro nomi di coloro che maggiormente sono implicati nella formazione artistica di Bowie, e cioè Beatles, Rolling Stones, Bob Dylan e Velvet Underground. Ma la presenza di costoro è ormai talmente interiorizzata, talmente incorporata nelle strutture della musica bowiana, che a questo punto sarebbe quasi inutile un accenno più esplicito esteriormente.
Tutti dodici brani qui presentati (lo stesso numero dei vecchi dischi beat), che già ci fecero palpitare nelle loro forse ingenue, ma meravigliose, prime versioni beat, poco meno di dieci anni fa, sono qui rivisitati e reinterpretati con tutta la carica di raffinata violenza, di teatralità ironico-drammatica, di creatività sintetica proiettata al futuro e (kitsch elettronico e cabaret fantascientifico-decadente) che è patrimonio di quella che ancora una volta non esito a definire la genialità di Bowie.
Tutti gli arrangiamenti sono eccezionali, in bilico tra estetismo e violenza, tra spasimi crepuscolari e soprassalti elettronici. La formazione è la stessa degli album precedenti, con un Trevor Bolder (basso), un Mike Garson (piano) e un Mick Ronson (chitarra) sempre più completi e creativi: solo il batterista è cambiato, e al suo posto c’è Aynsley Dunbar che, dopo aver recentemente lasciato Frank Zappa, si è decisamente inserito nel giro decadente britannico (vedi la partecipazione all’ultimo LP di Lou Reed e al futuro primo solo di Mick Ronson).
Ma vediamo più da vicino questi dodici brani.
FRIDAY ON MY MIND: convulso, rabbioso, la cui prima versione appartiene agli Easybeats, un gruppo australiano che proprio grazie a questo titolo conobbe un breve momento di vasta notorietà internazionale.
SORROW: qui cantato da David con spiritose tonalità singolanti alla Bryan Ferry. Appartiene al repertorio dei Merseybeats, un gruppo di Liverpool della primissima ora del beat.
DON’T BRING ME DOWN: La versione elettronica di David di questa canzone è fantastica. Appartiene originariamente ai Pretty Things, un gruppo londinese violentissimo, sulla scia degli Stones, che doveva particolarmente influenzare Iggy, Stooge, Lou Reed e lo stesso Bowie.
SHAPES OF THINGS: Notissimo successo degli Yardbirds. La presente versione, strumentalmente meravigliosa, è tipicamente bowiana, strascicata, stridula, allucinata.
ANYWAY, ANYHOW, ANY WHERE: Noto brano dei primi Who: bellissimo in questa versione l’assolo trascinante di Dunbar, frammisto a sibilanti rumori elettronici.
WHERE ARE ALL THE GOOD TIMES GONE: Vecchio successo dei Kinks
ROSALYN: Un trascinante rock’n’roll ancora dei Pretty Things.
HERE COMES THE NIGHT: Bellissimo brano del repertorio dei Then, gruppo glorioso di rock blues sperimentale capitanato allora da quel Van Morrison che oggi, trasferitosi in America, è uno dei più originali cantautori del pop
I WISH YOU WOULD: Ancora un vecchio brano degli Yardbirds.
EMILY PLAY: Bellissima la versione bowiana, con un piano e una stupenda uscita di archi ai limiti dell’atonale. Si tratta dello storico primo 45 giri dei Pink Floyd.
I CAN’T EXPLAIN: Un altro vecchio brano degli Who antecedente a “My generation“.
Fin qui il disco, mentre David Bowie dimostra che, comunque, la sua vena personale non si è affatto esaurita: il suo prossimo album, infatti, è già in corso di registrazione ed ha come titolo provvisorio l’allusivo “The secret life of Ziggy Stardust”.
Continua la decisione, di David di non esibirsi in pubblico, se si eccettua lo speciale spettacolo che egli ha dato il 18 e 19 ottobre scorsi al Marquee di Londra esclusivamente per alcuni membri del “Bowie Fan Club”.
Gli affari collaterali, invece, sono tantissimi, tanto che ci si chiede come farà David a ottemperare a tutti gli impegni; dopo il film “Straniero in terra straniera” tratto dal capolavoro di Robert A. Heinlein, dopo il musical “1984”, tratto dal capolavoro di George Orwell, una notizia esclusiva dell’ultima ora ci informa che David Bowie dovrebbe interpretare la parte principale nel film colossale che verrà tratto da “Tommy”, l’opera-musical celeberrima dei Who!
Manuel Insolera