Trans-Europe Excess | Uncut n. 47, aprile 2001 (seconda parte)

Nella metà degli anni Settanta, David Bowie viveva a Los Angeles, così confuso dalla cocaina e dalla magia nera che gli amici come Elton John e John Lennon pensavano che sarebbe diventato pazzo o sarebbe morto. Ma, come Bowie dice in questa intervista esclusiva a Uncut, per sfuggire a questo caos narcotico, dovette spostarsi a Berlino, trovare la strada per la redenzione e registrare una trilogia di album che avrebbe inventato il futuro del rock.

ARTICOLO ORIGINALE


TRADUZIONE

SECONDA PARTE

Il primo atto della riabilitazione musicale di David e Iggy fu l’album di Pop The Idiot. Le registrazioni iniziarono a giugno al Chateau d’Herouville, nei pressi di Parigi, subito dopo che il White light tour ebbe termine, utilizzando la maggior parte dei musicisti che avevano accompagnato Bowie in quei concerti. Il duo si trasferì in seguito brevemente ai Musicland Studios di Monaco di Baviera, laddove incontrò il futuro collaboratore di David Giorgio Moroder. Finalmente, la coppia errante raggiunse gli studi Hansa a Berlino. Iggy descrisse The Idiot come “un incrocio tra James Brown ed i Kraftwerk“, con Bowie impegnato alla produzione e alla chitarra suonata in modo “rabbiosamente giovanile”. Comprendendo brutali elaborazioni robo-punk come “Nightclubbing“, “Funtime” e una prima versione del futuro singolo di Bowie “China Girl“, l’album era il prodotto di una violenta collisione tra disco e rock, Europa e America. Brian Eno descrisse l’ascolto di The Idiot come “aver il cervello progressivamente pervaso dal cemento”. Lo intendeva naturalmente come un complimento. The Idiot costituì anche una scarna rappresentazione dei nuovi suoni radicali di Low, il quale sarebbe stato meno abrasivo ma non meno intenso dal punto di vita emozionale. Inizialmente battezzato A New Music: Night and Day, l’album fu re intitolato per dare l’idea della visuale di profilo della foto di copertina tratta da The Man who fell to Earth: basso profilo (low profile). Celebrato nella storia del rock come il primo album della “trilogia” con Brian EnoLow fu quasi interamente registrato in Francia, di ritorno al Chateau d’Herouville. Sofisticato maniero circondato da muri in pietra e da pesanti cancelli di ferro, il castello aveva ospitato tre anni prima, in periodi più felici, le sessions di Pin-Ups.

I musicisti di Low avevano per la maggior parte partecipato alle registrazioni di Station to Station e ai concerti del White light tour, e comprendevano i veterani Carlos Alomar alla chitarra, George Murray al basso, Dennis Davis alla batteria e Tony Visconti alla produzione con Bowie. Iggy Pop fu un altro ospite del castello, cantando occasionalmente nell’album e valutando attentamente le prestazioni sonore dell’altro chitarrista Ricky Gardiner per i suoi progetti futuri. Ma il nuovo membro più significativo del gruppo fu Eno, che giunse nel mezzo delle registrazioni con strategie sovversive e un primitivo sintetizzatore munito di joystick. La allora moglie di Visconti, Mary Hopkin, duettò con Eno nei coretti di “Sound and Vision” che furono scherzosamente accreditati a Peter e Paul (4). Anche l’ex chitarrista della Beggars Opera Ricky Gardiner fu arruolato su raccomandazione di Visconti. “Era molto particolare ed assai abile con gli effetti speciali” racconta Visconti “Ero in soggezione di lui”. Ma Bowie rivela che aveva altri piani per le registrazioni. “La prima scelta in origine per il chitarrista di Low fu Michael Dinger dei Neu!” (5) ricorda David “essendo i Neu! passionali, persino diametralmente opposti ai Kraftwerk. Telefonai a Dinger dalla Francia nei primi giorni di registrazione, ma nella maniera più cortese e diplomatica egli mi rispose: “No”. Malgrado la sua incongrua genesi nello splendore della campagna francese, Low fu chiaramente un album “berlinese” nello spirito; una distillazione sonora della città il cui stato d’isolamento si associava perfettamente al cervello devastato di Bowie del 1976. “Il periodo iniziale della permanenza a Berlino generò “Low“, Bowie ricordava nel 1977, “era come dirsi: “Non è meraviglioso startene in solitudine? Levati finalmente i paraocchi e al diavolo tutto… Berlino ha la strana abilità di farti scrivere solo cose importanti. Tutto il resto non conta, e alla fine produci Low“. I brani strumentali di straordinaria bellezza dell’album rendevano esplicitamente omaggio al nuovo bunker di Bowie nella Germania Est. “Art Decade” celebrava la stessa Berlino, “una città tagliata fuori dal proprio mondo, dall’arte e dalla cultura, agonizzante e senza nessuna speranza di riscatto”. “Subterraneans“, il solo brano di Low che incorporava elementi della colonna sonora abortita di The Man who fell to Earth, era una celebrazione delle “persone che divennero prigioniere a Berlino Est dopo la separazione – da qui le tenui note di sassofono che rappresentavano il ricordo del tempo passato -“. “Warszawa” coglieva il lugubre mistero della Polonia al tempo della Guerra Fredda.

Ma non occorre un grosso sforzo cerebrale per tracciare paralleli tra questi poemi malinconici e lo stato mentale tormentato di David. Oltre all’incombente ombra di Berlino ed ai protratti strascichi della psicosi da cocaina, Bowie trasportò nelle sessions di Low una serie di problemi che lo affliggevano in quel periodo. L’aspro procedimento di divorzio con la moglie Angie, una imminente battaglia per la custodia del figlio Joe e forti contenziosi con l’ex manager Michael Lippman lo obbligarono a lunghi impegni legali a Parigi. Angie comparve addirittura in studio con il suo nuovo compagno, causando un duro litigio con David. “Vennero alle mani nella sala da pranzo e cominciarono a tirarsi delle bottiglie” Visconti rivelò in seguito. “David stava attraversando un periodo molto difficile personalmente e professionalmente. Bisogna comunque ammettere che, da parte sua, tenne sempre un contegno esemplare”. Brian Eno ha detto recentemente ad Uncut che durante le registrazioni di Low Bowie “viveva al limite della sua resistenza nervosa, era molto teso…veramente turbato. Mi sentivo profondamente dispiaciuto per lui, per quello che stava passando e per il fatto di cercare di portare a termine la registrazione di un album contemporaneamente. Ma come spesso capita, tutto ciò si tradusse in un senso di completo abbandono nel lavoro. Una delle cose che accadono quando vivi situazioni traumatiche nella tua esistenza è che il tuo lavoro diventa una delle poche cose in cui puoi rifugiarti e riprendere il controllo di te stesso”. Bowie ora ammette che “Si, era un periodo davvero terribile per me. Ero all’estremo delle mie risorse, sia fisicamente che emozionalmente ed avevo seri dubbi sulla mia sanità mentale. Ma questo accadeva in Francia. In definitiva, ho acquisito un tangibile senso di ottimismo passando attraverso la cortina di disperazione di Low. Posso udire me stesso nel disco lottare disperatamente per star meglio”. Low è indubbiamente impregnato di angoscia e disperazione, ma anche di catarsi curativa. I robotici, sussultanti e spigolosi brani cantati contengono probabilmente i testi più immediati di tutta la carriera di Bowie, dalla dirompente ballata suicida di “Always crashing in the same car” alla desolata confessione di “Be my wife“. L’oppiacea gemma disco-pop “Sound and vision” offre un inno sublime alla solitudine priva di emozioni. David in seguito la definì “la perfetta canzone sull’isolamento…Stavo attraversando un periodo terribile e desideravo vivere in una piccola stanza tutta dipinta di blu e con delle cortine protettive alle finestre”. Inoltre, il funk traumatizzato di “Breaking glass” contiene un agghiacciante riferimento ai rituali spiritisti di Bowie ad Hollywood: “Non guardare il tappeto, vi ho disegnato qualcosa di orribile…”. A proposito di spiriti, le sessions furono inoltre popolate da visite soprannaturali. Il Chateau d’Herouville contiene due studi di registrazione uniti da una arcata coperta, i quali prendono il nome degli antichi residenti Frederic Chopin e George Sand. Si dice che i fantasmi di questi dannati amanti vagassero per gli intricati ed oscuri corridoi. Infatti, Bowie rifiutò di dormire nella stanza principale perché sembrava essere stregata. “Era un posto spettrale”, Bowie racconta, “Ho rifiutato una camera da letto perché la trovavo eccessivamente fredda in alcune sue parti. A mio parere, tuttavia, quel posto non ebbe influenza sulla forma e tonalità del lavoro. Lo studio era gioioso, di aspetto piacevolmente antico e confortevole”. Tony Visconti è d’accordo.”C’era certamente una strana energia nel castello”, afferma. “La stanza da letto principale aveva un lato molto oscuro vicino alla finestra, che pareva assorbire la luce. Ed era pure assai fredda. Accettai quella stanza perché volevo testare le mie capacità di meditazione. Non l’ho mai detto a nessuno, prima. Avevo letto che i Buddisti in Tibet meditavano tutta la notte in un cimitero per mettere alla prova il loro livello di paura/non paura. Quella stanza sembrava davvero stregata, ma cosa potevano realmente farmi Frederic e George, spaventarmi in francese? Mi piaceva l’aspetto della stanza, così decisi di provare a passarci una notte. Se fosse accaduto qualcosa avrei gridato così forte da svegliare l’intero villaggio. Eno disse che veniva svegliato ogni mattina da qualcuno che gli scuoteva le spalle. Quando apriva gli occhi, non c’era nessuno”. Ricky Gardiner ha una teoria a proposito degli incontri paranormali di Eno. “Posso confermare che Brian aveva una brutta tosse di tanto in tanto”, disse, “egli occupava la stanza che fu di Chopin. Chopin morì di consunzione. Tirate voi le conclusioni…”. “Il cibo era allucinante”, afferma Visconti, “per i primi tre giorni ci servirono solo del coniglio senza alcun contorno. Stavo facendo la fame…avevamo un appetito terribile alla notte e così mangiavamo il formaggio che i tenutari avevano lasciato sul tavolo. Come risultato, David ed io fummo colpiti da intossicazione alimentare. Il dottore francese non poté esimersi dal visitarmi quando mi alzai dal letto per chiedergli di darmi un’occhiata dopo aver visitato David. Egli disse: “David sta bene, è in grado di camminare”. Probabilmente avevamo interrotto la sua cena domenicale”. Malgrado questi drammi, le sessions di Low ebbero i loro momenti piacevoli. Il gruppo tirava notte assistendo alle registrazioni dell’ultima commedia televisiva alla moda in Gran Bretagna, Faulty Towers. In seguito, il batterista Dennis Davis intratteneva la compagnia con storie di dischi volanti risalenti ai suoi anni trascorsi nell’ aeronautica americana. “Dennis era l’istrione della compagnia”, spiega Visconti. “Poteva eseguire una mossa clownesca nella telecamera della Tv a circuito chiuso e catturare immediatamente la nostra attenzione. Una volta ci disse che durante il servizio militare aveva imboccato una scorciatoia, e attraversando un hangar ultrasegreto si era imbattuto nei resti di un UFO schiantatosi sulla Terra. Lo osservò per lunghissimo tempo sino a che una guardia gli intimò di andarsene poiché non era autorizzato a stare in quel luogo. Gli venne minacciosamente detto di non dire nulla di quello che aveva visto. Non ho idea se tutto questo fosse vero, ma era sicuramente intrigante”. La maggior parte della band ritornò a casa dopo aver completato il proprio lavoro in soli cinque giorni. Bowie, Eno, Visconti e Gardiner rimasero nel castello per aggiungere le parti vocali, dare la struttura finale ai brani e fare alcune sovraincisioni. Voci di liriche alternative registrate in alcuni dei brani sono respinte da David. Ma Visconti ricorda: “David scrisse una terza sezione di liriche in “Always crashing in the same car” e la cantò con lo stile di Bob Dylan. Fu fatta in modo quasi scherzoso, ma fummo spiazzati poiché Dylan ebbe quel famoso incidente motociclistico e il tutto sembrava quindi di cattivo gusto, ritengo. David mi chiese di cancellarla, e così feci. Non ricordo dell’esistenza di liriche alternative negli altri brani”. Il contributo di Eno a Low viene talvolta esagerato. Dopo tutto, brani strumentali come “Speed of life” e “A new career in a new town” utilizzano una robusta sezione ritmica rhythm and blues, lontana anni luce dal progetto di Eno di un astratto e riservato sound ambientale.

Arrivato per ultimo durante le registrazioni, Brian è accreditato come coautore in un paio di brani e, contrariamente ad una opinione molto diffusa, non fu il produttore del disco. “Il mio nome è stampato come co-produttore assieme a quello di David sulla copertina dell’album” afferma un esasperato Visconti. “Credetemi, non ricordo che Brian abbia avuto a che fare con la produzione del disco”. Tuttavia, la vena anarcoide avant-garde di Eno fu indubbiamente cruciale per lo sviluppo creativo di Bowie nell’album. Fu Eno a suggerire di tenere le versioni demo piuttosto di registrarle nuovamente. “Perché aggiustarlo? Non è mica rotto”. Premendo per un approccio più “nervoso ed elettronico”, egli introdusse nuovi radicali metodi di registrazione delle sessions, incluse le celebri carte delle “Strategie Oblique” che aveva sviluppato con l’artista Peter Schmitd e che contenevano istruzioni casuali come “onora il tuo errore come intenzione nascosta”, “enfatizza le pecche”, “usa personale non qualificato” e così via. Questi noti metodi da “non musicista” causarono inizialmente delle frizioni con l’esperto virtuoso chitarrista Carlos Alomar, ma fecero affiorare un nuovo linguaggio musicale in Bowie, che lo definì “l’astrazione della comunicazione”. Eno programmò i pionieristici strumenti sintetici su Low dando ad essi bizzarri nomi vittoriani: Chamberlain, Rimmer, Tape Horn. Sviluppò inoltre versioni alternative di “Subterraneans” e “Warszawa” senza l’apporto di Bowie, la melodia di quest’ultima ispirata dal figlio di quattro anni di Visconti Morgan che strimpellava ripetutamente tre note sul pianoforte di studio. Il maestro zen della ambient music intendeva comunque approfittare di questo lavoro in studio ed utilizzare altrove le registrazioni nel caso David non avesse gradito il risultato finale. Quasi immediatamente, Bowie abbraccio i metodi decostruttivisti di Eno e li portò ad un livello superiore. Cantò le liriche di “Warszawa” in una lingua inventata basata sulle registrazioni di un coro balcanico giovanile; Visconti le trattò con una macchina che modificava le tonalità del suono chiamata Eventide Harmonizer che “si accoppia con la fabbrica del tempo”. Il sound secco e compresso della batteria che Visconti sviluppò in Low avrebbe dominato il rock da stadio degli anni Ottanta. “Questo effetto da gorilla depresso” sospirò in seguito Bowie “era una cosa che avevo sempre desiderato ma che non eravamo mai riusciti a creare, dovendolo poi ascoltare a lungo negli anni a venire negli altri gruppi inglesi”. Essendo un album così sperimentale, Low ebbe indubbiamente un impatto profondo. Si ritiene abbia influenzato alcune generazioni di gruppi synth-pop alla fine degli anni Settanta ed all’inizio degli anni Ottanta, da Gary Numan agli Ultravox, agli Human League. È noto che i Joy Division presero il proprio nome iniziale Warsaw dal brano “Warszawa“. Ed in seguito, come New Order, fecero un tentativo senza successo di registrare utilizzando il metodo di Eno delle “Strategie Oblique“. Ma la superficiale brillantezza futurista di Low è stata indebolita dalla storia e i suoi brani strumentali suonano ora come emozione pura, senza tempo come i canti Gregoriani, trascendenti come i maestri neoclassici religiosamente ispirati come Arvo Part o Henryk Gorecki. Bowie avrebbe in seguito parlato dell’album come “pura spiritualità”. Negli anni Novanta, il glaciale musicista minimalista Philip Glass avrebbe adattato tre brani di Low in un ensemble sinfonico, seguito da lavori basati su gli altri due album berlinesi (6).

A quel tempo, tuttavia, Low si dimostrò troppo estremo per la compagnia discografica di Bowie. Dopo essere ritornato agli studi Hansa a Berlino per completare le parti vocali e il missaggio, David spedì i nastri dell’album alla sua etichetta discografica a Londra. Colpita dal panico per la nuova glaciale direzione musicale, la RCA cancellò immediatamente il disco dalla prevista uscita natalizia. Si racconta che un pezzo grosso della compagnia discografica suggerì di comprare a David una casa a Filadelfia, in modo da ritornare a produrre un altro hit disco-soul caldo e commerciale, sulla falsariga di Young Americans. Parole al vento. A parte queste beghe contrattuali, i demoni che incombevano su Bowie non furono ancora del tutto esorcizzati da Low. In novembre, David ebbe un nuovo drammatico confronto con Angie a Berlino. La ex moglie considerava l’incontro come “l’ultima possibilità di riconciliazione”, ma il tutto finì con David collassato per una fibrillazione cardiaca e ricoverato d’urgenza presso l’Ospedale Militare Inglese a Berlino. Diagnosticato in seguito come un attacco d’ansia, probabilmente amplificato dal bere eccessivo, questo accaduto costituì l’ultimo atto del matrimonio di David ed Angie. Irritata dall’influenza di Coco Schwab sull’artista, Angie cercò subito dopo il fatto la vendetta finale. Ritornata nell’appartamento di Schoeneberg, si prese la rivincita sulla rivale assente. “Entrai nella stanza di Corinne” scrisse Angie in seguito “radunai i suoi vestiti ed alcuni regali che le avevo fatto in tempi migliori, li gettai dalla finestra nella strada, chiamai un taxi e presi l’aereo per Londra”. 

Low raggiunse finalmente i negozi nel gennaio 1977, consacrato dalla contemporanea apparizione dall’apparentemente incongruo singolo “Sound and vision“, che toccò il terzo posto nella classifica dei singoli. Raggiunta senza sforzo la posizione numero due nelle classifiche inglesi e un’impressionante undicesima in quelle americane, Low mise a tacere sia coloro che dubitavano di David nella RCA che i critici più severi della stampa, molti dei quali bollarono l’album quasi come un affronto personale. La reazione polarizzata della stampa nei confronti di Low fu per lo più esemplificata dal New Musical Express, dove un estremamente raro doppio commento sul disco da parte di Ian Mc Donald e dall’esperto di lunga data di Bowie Charles Shaar Murray prese posizioni diametralmente opposte. Mc Donald definì l’album “di una bellezza stupefacente… l’unico disco di rock contemporaneo… il sound di Sinatra riprodotto da computers marziani senza alcun accesso alla lingua inglese”. Al contrario, Murray fu pieno di disprezzo per “un album così negativo che non contiene neppure il vuoto assoluto od il nulla… Low è la colonna sonora del niente, ma anche la parola niente è elusiva… uno stato mentale oltre la disperazione, uno stato in cui uno è così caduto in basso che dovrebbe alzarsi per toccare il fondo… futilità e pulsione di morte glorificata… un raffinato lavoro da imbalsamatore per il corpo di un suicida… un atto di odio distillato e di potenza distruttiva… ci giunge in tempi difficili e non ci è di alcun aiuto…decadente nel senso che riproduce e glorifica la decadenza passiva… odora di sconfitta spirituale abilmente contraffatta e di vacua futilità”. In seguito, Murray si ricredette su Low, ed ora ammette: “pensavo fondamentalmente che glorificasse la psicosi da anfetamine e mettesse in evidenza un modo di essere assai poco piacevole. Mi ero appena sbarazzato a fatica di una dipendenza da anfetamine, e reagii in modo brutale. Ho probabilmente trasportato eccessivamente i miei problemi in quella critica, ma il disco sollecitò le mie emozioni in modo alquanto considerevole. Ma quando uscì Heroes le mie opinioni mutarono decisamente, poiché quell’album trionfava sopra lo stato mentale che Low aveva dipinto. Ascolto ora Low ritenendolo un disco glaciale, caotico e figlio della droga”. Significativamente, Low giunse all’apice dell’ondata punk. Bowie nega ogni connessione subliminale tra il suo travagliato periodo berlinese e lo spirito anti star, alienato ed emozionalmente intenso dei nuovi rivoluzionari del rock. “Con queste parole hai appena descritto il mio stato mentale del 1976”, afferma sarcasticamente.

Come John Savage scrisse in England’s Dreaming, sia Low che The Idiot ebbero un forte impatto durante il periodo punk: “Per ogni persona che sentiva la necessità di occuparsi dei problemi quotidiani, di diventare politicamente attiva traducendo l’originale impegno del punk in una dura e organizzata campagna di protesta, ve ne era un’altra che voleva invece uscire da questo sistema, disimpegnandosi e liberando l’inquietudine che albergava all’interno della propria mente…”. Mentre il punk faceva piazza pulita del vecchio mondo del rock, Bowie fu uno dei pochi titani degli anni Settanta a mantenere la propria credibilità. “Fosse a causa del mio cervello annebbiato o della mancanza di impatto della varietà inglese del punk sulla scena americana, l’intero movimento era virtualmente concluso dal momento in cui ne divenni consapevole”, David afferma. “I pochi gruppi punk che vidi a Berlino mi fecero pensare ad una sorta di Iggy Pop post 1969 e sembrava appunto che lui avesse già fatto tutto ciò. Eppure, mi dispiace non essere stato spettatore del circo Pistols poiché questo tipo di intrattenimento avrebbe fatto molto di più di qualunque altra azione avrei potuto pensare di fare per il mio animo depresso”. L’associazione di Bowie con Iggy probabilmente aiutò a proteggere la sua reputazione durante le purghe staliniane del punk. La sua saggia decisione di suonare le tastiere per Iggy durante il tour di The Idiot all’inizio del 1977 sottolineò perfettamente un David vestito in modo dimesso ed “uomo del popolo”. Dopo essersi assicurato i servizi del chitarrista di Low Ricky Gardiner e la sezione ritmica americana composta da Hunt e Tony Sales, in seguito la spina dorsale dei Tin Machine, Iggy diede inizio alle prove del tour in una sala di proiezione dei leggendari UFA Film Studios di Berlino. “Friz Lang lavorò in quel luogo prima che i nazisti presero il potere” spiegò l’amico di David, “avevano ancora tutti quei meravigliosi film espressionisti che marcivano in contenitori arrugginiti, poiché ancora oggi non riescono ad immaginare in che modo poterli utilizzare”. Iniziati ad Aylsebury il primo di marzo 1977, i concerti britannici vennero salutati da quello che Iggy descrisse come “una delirante accoglienza di sputi”. Cementando le loro connessioni con il movimento punk, Iggy e David incontrarono Johnny Rotten e Sid Vicious a Londra. “John era ovviamente in soggezione di Jim” ricorda Bowie, ” ma Sid era quali catatonico ed ebbi una pessima impressione di lui. Era così giovane e così bisognoso di aiuto”. Mente Sid fu distrutto dall’eroina, Iggy riuscì a dominarla. Malgrado sarebbe ancora incappato in qualche ricaduta, Berlino aveva temporaneamente pulito il suo organismo, facendolo diventare “un freak in salute”. La foto del suo “ghigno maniacale” che Andrew Kent scattò durante una intervista con la BBC, che in seguito divenne la copertina di Lust for Life, colse appieno la sua nuova attitudine di attivo ottimismo. Purtuttavia, Bowie confessò che il tour era lontano da essere libero dagli stupefacenti.”Cominciai a desiderare di abbandonare il tour per evitare le droghe”, disse nel 1993. “Il consumo di droga era incredibile e sapevo che tutto ciò mi stava uccidendo, e questo era il lato problematico della faccenda. Ma suonare era divertente”.

David vinse finalmente la propria leggendaria paura di volare per suonare con Iggy nelle date statunitensi. La prima parte del tour ebbe inizio in aprile a Los Angeles, dove pare che una notte Bowie si sia preso una sbronza colossale con Mick Jagger. In seguito, sia lui che Iggy ritornarono a Berlino per lavorare al nuovo album di Pop Lust for Life, registrato in tre frenetiche settimane agli studi Hansa By The Wall. Iggy ebbe un ruolo più dominante rispetto a The Idiot dell’anno precedente: “Il gruppo e David lasciavano lo studio per andare dormire” ricordò in seguito, “ma non il sottoscritto”. Bowie conferma l’affermazione di Iggy che il martellante, bruciante ed insuperabile brano che diede il titolo all’album fu da lui scritto utilizzando un ukulele di fronte alla tv nell’appartamento di Schoeneberg, il cui ritmo spezzettato fu ispirato dal ticchettio del codice Morse dell’inno delle Forze Armate Alleate. Ma il futuro classico di Pop “The Passenger” balenò nella mente del chitarrista Ricky Gardiner durante una idilliaca passeggiata primaverile. “David, Iggy ed il sottoscritto ci riunimmo nell’appartamento di Berlino per buttare giù qualche idea per il prossimo album di Iggy” afferma Gardiner, “David mi chiese se avessi qualcosa da proporre. Non avevo pensato al fatto che volevano del materiale e così non avevo preparato nulla. Tuttavia, mi ricordavo quella sequenza di accordi. La suonai sulla mia Stratocaster non collegata all’amplificatore nel registratore portatile a cassette di Iggy. Il giorno seguente ritornò con le liriche complete”.

(4) Peter Paul e Mary furono un celebre trio vocale degli anni sessanta.
(5) Qui David probabilmente si riferisce a Michael Rother, oppure a Klaus Dinger, entrambi in tempi diversi chitarristi dei Neu!
(6) Di Glass possono essere ascoltati la Low Symphony (l’adattamento di Some Are è presente nella recente compilation strumentale bowiana All Saints) e la “Heroes” Symphony. La Lodger Symphony è in fase di elaborazione.

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