Intervista a Sukita: non ho mai parlato con Bowie!

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Artwork di Alessandra Bigatti

Masayoshi Sukita rivela, durante l’intervista con Velvet Goldmine, alcuni particolari inediti sui suoi 40 anni di amicizia con Bowie. “In realtà non ho mai parlato con Bowie” dichiara. E ancora: di come le session fotografiche di “Heroes” siano state un vero e proprio combattimento, delle precisazioni sulla cover di The Next Day. Infine il ricordo dell’ ultimo contatto prima dell’uscita di Blackstar.

L’ intervista di Velvet Goldmine

VGIMG 20190528 WA0027Il 27 maggio, in occasione dei #SUKITADAYS abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Masayoshi Sukita, il grande fotografo giapponese. Sukita ci accoglie in mattinata, mentre sorseggia un caffè. E’ un uomo riservato e umile, e dopo aver capito chi siamo, l’intervista si trasforma in una piacevole chiacchierata che non risparmia particolari curiosi sulla sua esperienza con Bowie. Ci presentiamo. Sukita ci guarda incuriosito.

Sukita: Quando ha avuto inizio Velvet Goldmine?

VG: È un sito nato nel 1999, con lo sviluppo di internet. Ma molti di noi sono fan di Bowie dagli anni 70 e ovviamente siamo anche suoi fan. Negli anni 70 non esistevano né immagini video né concerti di Bowie in Italia. Ma potevamo vederlo solo attraverso le fotografie.

S: Oh! Grazie

VG: Bowie era molto attratto dalla cultura giapponese. Pensa di aver contribuito, con la sua arte e con la lunga frequentazione tra lei e Bowie, a dar vita ad uno scambio culturale tra occidente e oriente proseguito poi con l’opera di altri musicisti come Sakamoto?

S: Può essere che lo abbiamo influenzato. Ricordate forse un vecchio album che si chiama “Heroes” sul quale c’è un brano intitolato Moss Garden. Lo conoscerete di sicuro. Ecco, credo che questa canzone sia stata ispirata da un tempio antico che si trova a Kyoto. Perciò ritengo che la cultura giapponese abbia influenzato molto la sua musica. Mi piace moltissimo Moss Garden.

Zen Gardens and Temples of Kyoto1Quello che vi sto per raccontare non si riferisce direttamente alla vostra domanda, però mi piace particolarmente quella canzone perché Bowie è cresciuto a Londra e io ci andavo spesso. Vedevo un parco a Londra dove anche in inverno c’era quel tipo di verde, l’erba è sempre verde, e in inverno cade qualche foglia. Anche in Giappone è sempre verde e c’è quel tipo di “giardino zen” perciò io credo che un tema importante per Bowie nella musica sia proprio il tempo. Anche per me, quando fotografo, il tempo si ferma. Quindi il tempo era un nostro comune interesse. Nelle canzoni di David ricorrono spesso termini legati al tempo. E questo torna alla vostra domanda. Voglio dire: anche guardando il giardino zen il tempo si ferma. Quindi penso che a David interessasse molto.

VG: Infatti la canzone Moss Garden restituisce proprio questa sensazione di pace, un momento cristallizzato nel tempo.

S: Conoscete quella canzone vero? Alla fine si sente proprio il rumore di un aereo, un po’ come un trucco fatto da David in modo che l’ascoltatore, immerso nella sua musica, si dimentichi del tempo e sul finale torni alla realtà.

VG: A dispetto dei numerosi cambi di immagine, si ha la percezione di una costante, un filo rosso nella carriera di Bowie. In cosa lo potrebbe rintracciare per quanto riguarda la sua esperienza di fotografo?

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© Photo by Sukita

S: Ironicamente lui è cambiato molto: “Changes”, questa parola è proprio il suo filo rosso. Quando lui è arrivato sulla scena, ancora giovane, i giornalisti lo chiamavano camaleonte. A me non piaceva che lo chiamassero così. Io sostenevo che lui avesse una fortissima energia, che lo rendeva ribelle, perché con la ribellione si possono cambiare molte cose. Questa è la mia spiegazione della parola “change/cambiamento”. Dicevo che Bowie aveva un’energia ribelle e che questa ribellione dà la forza per cambiare, dunque la risposta alla vostra domanda è che il filo rosso è proprio “Changes”.

VG: Lei ha fotografato Bowie in molte fasi della sua carriera artistica. A quale periodo è più legato? Il rapporto di David con l’obiettivo è cambiato nel tempo?

S: (il maestro non sa come rispondere … deve pensarci un attimo – N.d.T.).

Stiamo parlando di 50-60 anni fa, in realtà io ero interessato più alla “subculture”. Ovviamente anche alla musica, però la sottocultura mi interessava di più. Uno degli artisti che più mi ha più interessato è stato Andy Warhol. Per questo motivo sono andato sia a Londra che a New York dove di “cultura underground” ce n’era molta e a Londra ho conosciuto Bowie. In seguito, ho cominciato a frequentarlo anche personalmente: lui è principalmente un musicista, ovvio, però aveva qualcosa di più, cioè un qualcosa che lo rendeva “artista”, un creativo. Musicista sì, ma io lo sentivo più come “artista”. Era anche molto bello, ma aveva qualcosa che andava oltre questo..

VG: Carisma?

heroes album coverS: Sì proprio così, carisma. Quando l’ho fotografato per la copertina di “Heroes”, le case discografiche erano solite cambiare fotografo ad ogni disco e allora ho pensato che dopo questo lavoro non avrei avuto più occasione di vedermi con Bowie.

In realtà non è stato così perché anche a David interessava molto il Giappone e dato che ai tempi di Berlino lui era anche produttore di Iggy Pop, sono venuti insieme a Kyoto per motivi promozionali e in quella occasione David stesso mi ha chiamato. Così anche in Giappone abbiamo potuto vederci di persona e proseguire la nostra amicizia.

Ricordo con piacere come il nostro rapporto abbia avuto inizio. Dopo aver visto la pubblicità di The Man Who Sold The World, contattai il manager di Bowie e gli mostrai alcune mie foto. In quel periodo mi occupavo di moda maschile. Le foto sono piaciute molto ed alla fine abbiamo avuto modo di lavorare insieme.

In realtà non abbiamo mai comunicato a parole perché io non parlo inglese. Non abbiamo mai fatto una conversazione a livello personale, in amicizia, però la mia volontà di lavorare con Bowie era talmente forte da superare questo ostacolo. Le parole non sono importanti perché io sono un fotografo e riesco a comunicare con le persone attraverso la mia passione. Bowie ha percepito il mio interesse per lui e quello che è successo per me è un miracolo. La nostra amicizia è durata 40 anni soltanto grazie a questa mia volontà e lui lo ha capito. Poi Bowie è una persona che ispira molto e anche quando non riuscivo ad esprimermi, capiva sempre tutto, è molto bravo a capire le persone.

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© Photo by Sukita

VG: E poi bastava che scattasse una foto e gliela facesse vedere…

S: La foto della famosissima copertina di “Heroes” è stata scattata in Giappone. Bowie non era venuto lì per la copertina, ma per una sessione di foto informale. Tra tutte le foto scattate, ne ho scelte dieci o quindici e le ho mandate a Berlino dove Bowie abitava a quell’epoca. Lui le ha guardate e gli è piaciuta molto quella che poi sarebbe diventata la copertina dell’album. Ha detto “mi piace questa, la usiamo per la copertina di ‘Heroes‘”. In passato avevamo fatto un servizio con dei vestiti molto stravaganti e dai colori strani. Invece quando lui è venuto in Giappone, ho chiesto ad una stilista che si chiama Yacco Takahashi, molto famosa da noi, di portare alcuni giubbotti di pelle, una cosa molto semplice, molto diversa da quei vestiti colorati. Bowie rimase un po’ sconvolto, indossava dei pantaloni da casa molto semplici e quando l’ho visto mi sono detto “ah, ormai per Bowie il vestito non è più importante”. Lo stile Ziggy Stardust che aveva ideato con il famosissimo stilista giapponese Kansai Yamamoto è stato un fenomeno di costume. Ha segnato un’epoca con quei vestiti. Invece, capii che per Bowie il vestito non era più importante e quindi scelsi per lui un vestito più normale dato che non si trattava più di una sfilata. Bowie è un artista, per me questo era chiaro e nello stesso momento anche Bowie ha capito quello che era il mio pensiero. C’è stata una comprensione reciproca, come ho detto prima e non c’è stato bisogno di parole, eravamo due artisti che si sono intesi alla perfezione.

VG: Lei è sempre stato appassionato di cinema ed ha lavorato anche con importanti registi. Che ne pensa di Bowie come attore?

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Bowie in Twin Peaks

S: (rivolto al nipote che lo accompagna nei tour promozionali) Come si chiama il regista di Twin Peaks?

David Lynch

S: È una persona molto particolare, molto difficile, si può dire anche un po’ pazzo? Bowie si trovava benissimo con lui, penso che tra di loro ci fosse una certa follia in comune, per questo stavano bene insieme. Lynch stesso credo fosse in sintonia con Bowie, tanto da trarne ispirazione. Possiamo dire che sia il loro rapporto che la loro collaborazione in ambito lavorativo fossero molto proficue.

VG: Le sue fotografie colgono l’intima essenza del soggetto ritratto, basti pensare al bellissimo servizio in cui Bowie indossa gli splendidi abiti di Kansai Yamamoto. È stato sempre questo il suo scopo come fotografo?

S: Catturare l’essenza del soggetto è sempre stato fondamentale per me. Prendiamo, ad esempio, lo shooting di “Heroes”, con tutte quelle bellissime foto che abbiamo scattato in Giappone: è come se in quel momento Bowie fosse scatenato ed io percepivo questa sua passione interiore, erano tante le cose che percepivo, tutta la forza che si agitava in lui. Allora non volevo perdermi neppure un secondo, volevo continuare a fotografare perché avvertivo un’energia enorme.

VG: Bellissimo! Infatti crediamo che le foto del periodo berlinese siano forse quelle più intense da un punto di vista emotivo.

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© Photo by Sukita

S: (mostrandoci una delle foto di Heroes) Guardate questa foto: si nota che lui vestiva in modo del tutto normale, come uno di noi. Però immaginate che solo qualche anno prima, ai tempi di Ziggy Stardust, David vestiva in modo estremamente sgargiante e provocatorio. Per questo fece molto scalpore ed ebbe un grande successo, oltre che per il suo aspetto, anche per i vestiti. Ma in seguito David ha cambiato radicalmente ed infatti nel periodo berlinese vestiva in modo molto semplice. Credo che Bowie attraversasse una fase molto più seria e ammiro molto il suo coraggio perché cambiare stile in questo modo non è una cosa che si può fare dall’oggi al domani. Bowie in quel momento esprimeva un sacco di cose artisticamente e come ho detto prima io lo percepivo. Durante questa sessione fotografica non ho voluto perdere un secondo perché Bowie aveva tantissime cose che volevo catturare e lui stesso aveva molto da dimostrare, per cui più che una sessione fotografica è stato una specie di combattimento tra di noi. In realtà ho fotografato solo per un’ora, ma non so quante foto abbia scattato perché è stata un’ora molto intensa, la definirei una vera e propria performance da parte di Bowie.

VG: Ha davvero scattato solo per un’ora?

S: Sì e mentre lo fotografavo c’era anche Iggy Pop che aspettava impaziente il suo turno. Faceva azione di disturbo (ride) e ogni tanto David gli diceva di stare buono, ma lui continuava! Una volta finito con David ho iniziato lo shooting di Iggy.

VG: A questo proposito, David e Iggy sono due importanti figure con un carisma differente. Quali sono state le loro reazioni davanti al suo obiettivo?

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© Photo by Sukita

S: C’è molta differenza tra loro: mentre David era perfettamente a suo agio, Iggy all’epoca non era ancora abituato alle sessioni fotografiche e non riusciva ad esprimere se stesso come avrebbe voluto. Molti anni dopo ho avuto di nuovo occasione di lavorare con Iggy in Corea del Sud durante il suo tour mondiale del 2013 che non avrebbe toccato il Giappone. In quella occasione ho percepito un notevole miglioramento in Iggy, che finalmente riusciva a mostrare la sua interiorità come già era riuscito a fare David. Nel 1977, quando li ho fotografati insieme in Giappone, Iggy non era ancora al suo livello e lui stesso ne era consapevole. Da allora Iggy ha seguito un suo percorso di crescita per poter arrivare allo stesso livello di David. Credo che all’epoca di Heroes a Iggy sia arrivato qualcosa da David.

VG: Quanto della cultura giapponese può essere ravvisato nel suo modo di fotografare, e in cosa?

S: Non so che cosa si possa intendere per “cultura giapponese” dato che per me è sempre così, perché io mi trovo in Giappone. Io forse adesso riesco a vedere cosa sia la cultura occidentale guardando alcune opere d’arte, ma un tempo non essendoci così tanta informazione e condivisione, per saperne di più sull’occidente sono dovuto uscire dal Giappone. Una volta fuori ho iniziato a capire e tornato in Giappone sono rimasto influenzato dalla cultura occidentale. Un po’ come quando da piccolo guardavo sempre fuori dalla finestra perché da dentro non riuscivo a vedere niente altro e quindi non potevo avere un quadro completo della realtà intorno a me.

Sapete che io non sono bravo a parlare altre lingue, ma questo non è importante perché con le mie foto vado al di là del linguaggio, al di là della mia cultura. Se io non fossi stato giapponese la mia fotografia sarebbe stata la stessa perché la mia creatività non cambia ovunque mi trovi.

Bowie è rimasto mio amico per quarant’anni nonostante io non parli inglese: io credo che David abbia avuto un sacco di pazienza e questo perché percepiva il mio talento. È il motivo per cui gli sarò per sempre riconoscente.

VG: E noi le siamo riconoscenti per i suoi lavori signor Sukita: grazie mille Maestro!

L’incontro con il pubblico

L’incontro con il Maestro Sukita è proseguito nel pomeriggio con un dibattito aperto al pubblico nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi, dove si tiene la mostra “Heroes – Bowie by Sukita”. L’incontro è stato condotto da Maurizio Guidoni (Ono Arte) che ha fatto una carrellata sugli avvenimenti principali della carriera di Bowie, chiedendo a Sukita di intervenire sugli episodi di cui è stato protagonista.

the next day deluxe edition 2cdIl momento più emozionante, saltando il periodo più famoso, è stato il ricordo che Sukita-san ha della pubblicazione dell’album The Next Day, visto come una sorta di dichiarazione nei suoi confronti perché la copertina non è altro che la copertina di ‘Heroes’ con un quadrato bianco davanti. Sukita ha confessato che quando l’album è uscito è stato subissato dalle domande dei giornalisti che chiedevano se Bowie lo avesse avvisato che avrebbe utilizzato la sua foto, e cosa ne pensava. Sul momento non ha voluto rispondere per paura di dire qualcosa che potesse danneggiare David Bowie. Rispondeva cose come “Che bello!” ma nel suo cuore pensava altro. In realtà non aveva avuto nessun contatto o avvertimento sull’utilizzo della foto, lo ha appreso quando è uscito l’album. Non si è arrabbiato, al contrario, ha capito che c’era molta fiducia tra di loro, non aveva alcun bisogno di chiedere. “Non è importante il passato, è importante il domani”. The Next day è il domani e questo secondo Sukita era un messaggio molto positivo da parte di Bowie, lui ci diceva “prendo un capolavoro del passato, ha avuto molto successo, ma l’importante è guardare solo avanti.”

Da The Next Day alla morte di David Bowie passa qualche anno, le comunicazioni non sono più tanto frequenti, subentra la malattia e due giorni dopo l’uscita di Blackstar arriva la notizia della morte di David. Sukita ha voluto condividere la sua emozionante testimonianza.

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© Photo by Jimmy King

Nel periodo in cui la malattia di David comincia ad essere più pesante, lui è con una mostra a New York (La mostra aprì il 12 novembre alla Morrison Gallery, n.d.t). La location della mostra è vicina all’abitazione di David così gli chiede di andare a trovarlo e David con rammarico risponde che è molto impegnato con il suo nuovo album, ma partecipa inviando un messaggio a Sukita su sua richiesta. In quel periodo Sukita crede alle scuse di David e solo in seguito scopre l’aggravarsi della sua malattia e la difficoltà per David di uscire. Questa è l’ultima volta che i due hanno un contatto. Quando Sukita apprende della morte di David, rimane per giorni quasi in uno stato di shock e comincia a leggere i vari messaggi dedicati a David che arrivano da ogni parte del mondo e dalle più svariate personalità: dai musicisti, alla gente comune, ai politici. Un messaggio su tutti però cattura la sua attenzione e nonostante gli faccia uscire le lacrime, quasi lo aiuta ad accettare al cosa. Quel messaggio è quello del Governo tedesco: “Addio David Bowie tu sei stato il nostro eroe, grazie per aver contribuito alla caduta del muro di Berlino” (Bowie ha fatto un famoso concerto a fianco del muro di Berlino poco prima della sua caduta). Sukita rimane colpito dal messaggio del Papa che mostra una t- shirt di David. Tutto il mondo lo saluta, tutto il mondo gli dice addio…. “E’ vero che David Bowie era un gran musicista, ma le sue canzoni hanno avuto la possibilità di cambiare il mondo intero”.

VGLimonaiaLNDFSukita conclude l’incontro raccontando che adesso ha 81 anni ed è tornato a vivere in Giappone nella regione in cui è nato.  In questa occasione ha fatto una mostra dal titolo “Ciao son tornato a casa”.

Ora che vive in campagna lontano dalla città, c’è molta natura e adesso il suo interesse è fotografare i paesaggi, soprattutto gli piace fotografare l’acqua.  Dopo il terribile disastro che ha causato morti e tanti danni (Tsunami) ha iniziato a pensare che cosa è l’acqua? Può essere acqua di terrore perché può uccidere le persone, però guardando l’acqua possiamo anche avere un senso di rilassamento, l’ acqua è terrore, ma l’ acqua è anche tenerezza, l’acqua è bella, ma è anche schifo, l’acqua ha tanti aspetti diversi. Sukita vuole fotografarla perché l’acqua è in continuo mutamento.

Poi dato che ha avuto la fortuna di aver fotografato Bowie per tanto tempo, vuole portare la sua immagine in giro per il mondo perché ci sono tantissime persone che ancora lo amano. Sta ricevendo richieste da tutto il mondo di fare mostre. Questo è uno scopo di vita con cui vorrebbe continuare a vivere.

Masayoshi SukitaL’incontro si conclude nella commozione generale tra gli applausi, ma Sukita prende nuovamente la parola e conclude:

“Voglio dire ai giovani fotografi, se avete la passione, questo è tutto. Io ho partecipato alla carriera di David Bowie e questa cosa mi rimarrà dentro per sempre, quindi amate David Bowie, lui ci ha lasciato tante cose, amate queste cose e lui rimarrà sempre nei vostri cuori.”

Noi usciamo da Palazzo Medici Riccardi, un luogo intriso di secoli di storia, con il cuore gonfio di emozioni e la sensazione di aver incontrato in questo piccolo uomo dell’Est un grande eroe dell’ arte contemporanea.

Grazie Sukita-san!

 

Locandina“Heroes – Bowie by Sukita”, è una mostra promossa e organizzata da:

OEO Firenze Art e Le Nozze di Figaro con Città Metropolitana, Comune di Firenze, Palazzo Medici Riccardi.

L’esposizione è a cura di ONO Arte Contemporanea ed è organizzata in collaborazione con Muse Firenze.

 

 

 

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    La Crew al timone di David Bowie Italia | Velvet Goldmine è formata da Daniele Federici e Paola Pieraccini. Daniele Federici è organizzatore di eventi scientifici ed è stato critico musicale per varie testate, tra cui JAM!. È autore di un libro su Lou Reed del quale ha tradotto tutte le canzoni. Paola Pieraccini, imprenditrice fiorentina, è presente su VG fin dall'inizio e lo segue dagli anni '70. Entrambi hanno avuto modo di incontrare Bowie come rappresentanti del sito.

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La Crew al timone di David Bowie Italia | Velvet Goldmine è formata da Daniele Federici e Paola Pieraccini. Daniele Federici è organizzatore di eventi scientifici ed è stato critico musicale per varie testate, tra cui JAM!. È autore di un libro su Lou Reed del quale ha tradotto tutte le canzoni. Paola Pieraccini, imprenditrice fiorentina, è presente su VG fin dall'inizio e lo segue dagli anni '70. Entrambi hanno avuto modo di incontrare Bowie come rappresentanti del sito.
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