L’innegabile influenza di David Bowie e del suo genio in campi come moda, pittura, design, cinema e ovviamente musica è oggetto pressoché quotidiano di studio e di commento. Forse però non sapete che la sua opera, e in particolare gli album “berlinesi”, hanno anche contribuito in modo inconsapevole ma fondamentale alla nascita della poesia danese moderna. Eccovi la storia che unisce la musica e il mito di David Bowie alla poesia di Michael Strunge. A cura di Andrea Gemignani.
DAVID BOWIE: SPEED OF LIFE
14 gennaio 1977: Speed of Life, con un repentino effetto fade-in trascina senza alcun preavviso i fan di Bowie nella sua mutata e nuovissima dimensione artistica. Il preludio di Low è un inatteso brano strumentale, quasi una sigla. Dopo lo sconcerto iniziale, fornisce nei suoi pochi minuti di durata le coordinate sonore da cui l’intero disco muoverà verso lo status di capolavoro ormai ampiamente riconosciuto. Qui, gli ultimi brandelli rock e soul del periodo americano affrontano un inedito assalto di sintetizzatori, glaciali sullo sfondo e in primo piano nell’hook discendente (particolarmente evidente nella versione dello Stage tour).
Scuote prepotentemente il tutto la batteria genialmente filtrata dall’Eventide Harmonizer di Tony Visconti. E’ un sound fortemente innovativo e seminale (l’agognato canone europeo?) collegato a una nuova immagine (o finalmente a una non immagine), che diviene il cardine su cui poggia l’artista per riemergere dal gorgo insano di Los Angeles. E’ il sound di Bowie che si riaffaccia alla vita, trovandosi velocemente catapultato da Los Angeles all’anonima normalità di Berlino.
Allora poco più che diciottenne, Michael Strunge resterà profondamente colpito da quell’album e da quel brano in particolare, tanto da intitolare “Livets Hastighed” (“Speed of Life” / “La Velocità della Vita”) la sua prima e adesso popolarissima raccolta di poesie pubblicata in Danimarca nel 1978.
CHI ERA MICHAEL STRUNGE ?
Nato a Hvidovre nel 1958, Strunge è stato uno degli esponenti di spicco della nuova generazione di poeti danesi degli anni ’80, nata con l’evento NǺ!!80, che costituì il vivace movimento punkpoesi (poesia punk). Dopo studi incompiuti di arte e letteratura, Strunge esordì nel 1978 con la sua prima raccolta poetica “Livets Hastighed” (“La Velocità della Vita”) considerata un classico dell’epoca, tra citazioni rubate alla musica rock e la visionarietà romantica e innovativa dei maudits Rimbaud e Baudelaire.
Strunge diventò così l’incarnazione di un decennio rivoluzionario, quello tra la metà degli anni ’70 e i primi anni ’80, in cui abbiamo assistito ad enormi cambiamenti pressoché in ogni campo artistico. Ebbe a dire: “La cultura è un supermercato dove prendi ciò di cui hai bisogno”, diventando così eroe postmoderno. In “Vort Rum” (“Il Nostro Spazio”) scrisse infatti: “Questo è il vero cambiamento! / Utilizzare con gusto in nuove epoche / ciò che da un pezzo è stato abbandonato”.
La sua produzione letteraria, un corpus vigorosamente anti-establishment e perfettamente emblematico dell’estetica anni ’80, comprende solo undici raccolte di componimenti pubblicate in appena otto anni, da “Livets Hastighed” appunto del 1978 fino a “Verdenssøn” (uscito nel 1985 con lo pseudonimo di Simon Lack), a cui il poeta affianca una fervida attività di recensore e autore di saggi per la sua rivista “Sidegaden”.
La notte, il sogno, il neon, il blu elettrico, la passione amorosa vissuta intensamente, il costante contrasto tra luce e oscurità, il vagabondare metropolitano (Strunge comparirà anche come attore nel film L’Angelo della Notte di Claus Bohm, una vera flânerie notturna a Copenhagen) e su tutto il perenne desiderio di cambiare: queste alcune delle tematiche cardine della sua poesia.
ALCUNE OPERE DI MICHAEL STRUNGE
Un’iper-produzione di liriche che lascia trasparire l’ossessione del tempo e del suo scorrere veloce: il primo verso di “Livets Hastighed” “spacco l’orologio con i miei pensieri” è il rifiuto del tempo misurato dagli orologi e dei doveri che comporta, seguito dall’esortazione a vivere fluttuando alla velocità della vita.
Ma Strunge deve anche combattere contro un altro pericolosissimo demone: la malattia mentale che si manifesta in vari momenti della sua esistenza e che sarà curata con necessari e frequenti ricoveri in ospedale psichiatrico. Nel marzo 1986, dimesso dopo una sessione di cure, Michael fa ritorno a casa apparentemente in buona salute. Le cose però precipitano.
Il 9 marzo, in preda ad una crisi depressiva causata da disordine bipolare, e ormai raggiunta la convinzione di aver detto e scritto tutto, grida alla compagna Cecilie Brask: “Ora so volare” e pone fine alla sua vita gettandosi da una finestra del suo appartamento di Copenhagen. Un gesto estremo che lo trasforma in un’icona tragica, bella e maledetta per le generazioni future. La sua opera è adesso tra le più studiate nelle scuole danesi.
MICHAEL STRUNGE E DAVID BOWIE
La musica punk, new wave e post-punk ha avuto a livello ispirativo un ruolo preminente nella poetica di Michael Strunge, ma è stata soprattutto la sua infatuazione per David Bowie (da lui definito “uno degli artisti più importanti del nostro secolo”) a diventare una costante nella sua vita e nella sua opera.
Fin dalla metà degli anni ’70 infatti il poeta si vestiva e acconciava i capelli ispirandosi all’immagine di Bowie nel suo primo album omonimo, e scriveva già articoli comparativi sull’opera bowieana.
Il 29 aprile 1976 finalmente Strunge riesce a vedere per la prima volta Bowie esibirsi dal vivo, in una data dello Station to Station tour, un evento che segnerà indelebilmente la sua ispirazione. Successivamente, nel 1978, durante il tour europeo di Stage, Strunge incontra brevemente il suo idolo fuori dal Plaza Hotel di Copenhagen, e gli consegna le traduzioni in inglese di due poesie, “Speed of Life” e “Things to Come”, che Bowie accetta con un sorriso.
I testi di Bowie permeano tutta la produzione di Strunge, particolarmente il primo libro “Livets Hastighed” (“Speed of Life)” il cui titolo come detto prende spunto dal brano di apertura di Low (e che ricorre anche nel verso “I was running at the speed of life” in The Secret Life of Arabia da “Heroes”). Si tratta anche dell’unico suo libro pubblicato e tradotto in italiano (Elliot Edizioni, febbraio 2014, traduzione dal danese di Bruno Berni) ed è pertanto oggetto principale di questo articolo.
Nella poesia omonima, i riferimenti bowieani non si fermano al titolo: si parla infatti di un “anarchico camaleonte” che cambia colore, di un “nuovo travestimento”, e si cita apertamente Changes nei versi finali (“cambio la mia vita prima che la vita cambi me”).
Eccovi alcuni versi di particolare interesse:
Spacco l’orologio
con i miei pensieri
– vivo solo
alla velocità della vita
(…)
Cambio rapidamente
con un nuovo travestimento
– ho bisogno di variazioni
alla velocità della vita
(…)
Cambio colore
anarchico camaleonte
– getto la maschera
cambio modo di vivere
(…)
Chi sa
a cosa somiglia il suo ego?
– non mi importa
il mio ego lo creo io
Modifico la velocità
ho bisogno di mutare andatura
cambio la mia vita
prima che la vita cambi me
Nella serie di otto poesie dedicate a Angie (sic!), ovvero la compagna di allora Inge Guldal, ricorre nuovamente la figura del camaleonte (“III – Sii il mio camaleonte”), mentre la bellissima lirica “IV – Satellite” ci porta in una dimensione reminiscente del romanticismo elettro-cosmico di Moonage Daydream:
Voglio essere il tuo satellite
captare tutti i segnali
e trasformarli in pittogrammi
ogni volta che i tuoi occhi elettrici
emettono bagliori, sorridono, vicini
piangono, guardano a fondo molto lontano
In “VII – Lusso” si cita alla lettera un verso di Blackout (da “Heroes”): ma le labbra tagliano un sorriso nel tuo volto (“your lips cut a smile on your face”)
E che dire della riscrittura di Sons of the Silent Age operata in “Børn af den tavse tid” (“Figli dell’Era Silente”)? Qui l’aderenza al ritmo del testo originale di Bowie è del tutto evidente. Il brano tratto da “Heroes” viene quasi rimodellato da Strunge e caricato di nuovi significati:
I figli dell’era silente
sembrano vedere.
Ma sognano e sognano
la vita
e vivono muti nel sogno
(…)
Sussurrano piano di Uno
col mascara cosmico
un sognatore come loro
ma che sogna un mondo
in cui tutti i bambini cantano
(…)
Dietro i loro occhi sanno
che il cielo un giorno si squarcerà.
Hanno sognato di notte
di provenire dalle stelle.
(…)
I figli dell’era silente
vedono tutto in bianco e nero
i colori li hanno solo dallo schermo
che credono sia reale.
I figli dell’era silente
ora strangolano Uno
li ha guardati troppo.
I figli dell’era silente
ora hanno vissuto abbastanza…
Nella poesia “Generazione” torna prepotente il richiamo a “Changes“:
non ho tempo di guardarmi indietro
sono troppo rapido per farlo
non ho con me il tempo come concetto
e non desidero voltarmi
perché conosco il cambiamento
“Monoscopio” invece ci fornisce una definizione perfetta della poesia di Michael Strunge: “la nuova, lucida poesia azzurro elettrico” che rimanda al “blue, blue, ‘lectric blue / that’s the colour of my room” di Sound and Vision. Non a caso il più autorevole saggio sulla poesia danese degli anni ’80 (“Goodbye to the Blue Room” / “Addio alla Stanza Blu”) di Søren Ulrik Thomsen, inizia proprio con la citazione del testo di Bowie ad indicare un’appartenenza generazionale!
Anche nelle opere successive a “Livets Hastighed” compaiono numerosi prestiti bowieani, che diventa con Rimbaud l’icona di riferimento di Strunge: echi di Ashes to Ashes in “Astronaut” da “Verdenssøn” (“Figlio del Mondo”, 1985), la ripresa dell’apocalittica Future Legend da Diamond Dogs in “Fremtidsminder” (“Memorie Future”), citazioni da Word On A Wing in “Ud Af Natten” (“Fuori dalla Notte”, 1982) e da Always Crashing In The Same Car ancora in “Verdenssøn”, solo per citarne alcuni.
ARMATO DI PAROLE E ALI
Nel 2018 esce l’esauriente ed acclamato film-documentario su Michael Strunge intitolato “Væbnet Med Ord & Vinger” (“Armato di parole e ali”) realizzato dal regista Torben Skjøgt Jensen. Basato su una quantità impressionante di materiale d’archivio, il film immerge totalmente lo spettatore nella scena letteraria di Copenhagen dei primi anni ’80. Amici e colleghi come Bo Green Jensen, Klaus Lynggaard e Pia Tafdrup offrono i loro ricordi e costituiscono la voce narrante del film. “Armato di parole e ali”’ diventa così il ritratto più intenso, personale e struggente di Michael Strunge, visto attraverso gli occhi di coloro che gli sono stati più vicini.
Nel film ovviamente la figura di David Bowie ricorre molto spesso per la sua centralità nell’opera strunghiana ed è presente una vera chicca: possiamo infatti ascoltare Michael Strunge recitare durante una trasmissione radio la sua traduzione in danese di Oh, You Pretty Things sul sottofondo strumentale della canzone tratta da Hunky Dory mentre scorrono immagini ispirate alle atmosfere di “Ziggy I Forstad” (“Ziggy In The Suburbs”), una delle quattro poesie datate 1980 ispirate a Bowie. Lo Ziggy urbano di Michael Strunge è un personaggio solitario “in questo strano, inutile pianeta”, un “veggente incaricato di proclamare la fatale insulsaggine del mondo moderno”.
Alla folle velocità della sua vita, armato soltanto di parole e ali, Michael Strunge ha fornito un contributo energico ed inestimabile allo svecchiamento della poesia danese.
“Era molto giovane. Ed era un poeta molto intenso. È come se stesse camminando intorno alla sua poesia. Ha vissuto la poesia. Fumava una sigaretta all’interno della poesia. E si è bruciato” (dal film “Danish Literature” (1989) di Jørgen Leth).
Sicuramente poco conosciuta in Italia, la sua opera vibrante e colorata, tra rock e simbolismo, merita di essere scoperta ed apprezzata in particolare da noi fan di Bowie. Immergiamoci nella notte seducente illuminata dal neon e dalla nebulosità grigio-azzurra delle televisioni accese, alla spasmodica ricerca del cambiamento e delle identità, o semplicemente di un paio d’ali per sfuggire al tempo e allo spazio:
Ora voglio andare a casa …
lentamente …
la fresca pace della notte
mi accompagna
quando arrivo a casa le stelle sono ancora lì
(da “Nat”/”Notte”)
Michael Strunge riposa nello splendido cimitero monumentale di Assistens, Copenaghen (19.6.1958-9.3.1986)
VIDEOGRAFIA IN RETE
Video realizzato dallo stesso Strunge con estratti da ”L’Angelo della Notte” e da un concerto del 1978 dei Sex Pistols
Commovente cortometraggio-tributo del 2012 di Johan Knattrup Jensen sulle ultime ore di Michael Strunge – da notare la coincidenza con la messinscena usata nel musical Lazarus: Michael sdraiato sul pavimento ad immaginarsi astronave e volare tra le stelle, così come Newton racchiuso in un razzo disegnato sul palco per il suo ultimo viaggio
Cortometraggio del 2017 realizzato dal Kulturcentret ASSISTENS
Tratto dal film-documentario “Væbnet Med Ord & Vinger” (“Armato di parole e ali”)
Video tributo di immagini di Berlino ispirate alla poesia “Berlin, mit hoved” con musica accompagnatoria Warszawa di Bowie