E’ uscito il secondo e ultimo volume “David Bowie Blackstar – Le storie dietro le canzoni 1977-2016” di Paolo Madeddu, che completa l’opera di analisi dei brani di Bowie iniziata con il precedente libro “David Bowie Changes – Le storie dietro le canzoni 1964-1976”.
di Matteo Tonolli
David Bowie Blackstar – Le storie dietro le canzoni 1977-2016 è il secondo volume di Paolo Madeddu che per la casa editrice Giunti porta avanti ed esaurisce l’excursus critico-narrativo sulla produzione discografica di David Bowie.
Se nel precedente libro David Bowie Changes – Le storie dietro le canzoni 1964-1976 l’arco temporale affrontato era più ridotto ma decisamente fitto di capolavori (una vera e propria golden age), qui si rischiava di non poter dedicare sufficiente spazio per un numero maggiore di album in un arco temporale elevato alla potenza.
Una bella sfida da racchiudere in un secondo e unico volume, considerando che la produzione bowieana da un lato si articolava in dischi che da almeno metà degli anni ’90 erano concettualmente più stratificati, dall’altro si diversificava in colonne sonore, remix, progetti paralleli, opere non solo teatrali.
Paolo Madeddu sviscera molto bene il trittico Low–“Heroes”–Lodger in rapporto anche delle collaborazioni con Iggy Pop, avvicinando saggiamente la “trilogia berlinese” a quella che ci piacerebbe definire meglio qui come una “pentalogia” (con The Idiot e Lust for Life).
Nel successivo Scary Monsters continua a mescolare cenni biografici, contesto storico, stralci d’interviste e dichiarazioni, dettagli tecnici, iterazioni con i musicisti, risultati di classifica, considerazioni sullo streaming attuale, più qualche veloce citazione dai testi per meglio comprendere i contenuti di tanto materiale d’indagine.
L’autore sa bene che il 1983 è l’anno che fa da vero spartiacque nella carriera del Thin White Duke e approfondisce con dovizia genesi, sviluppo e risultati di Let’s Dance, disco spacca classifiche che avrebbe cambiato quasi per sempre il DNA del suo autore, nonché il cuore dei suoi accoliti.
Un po’ sorprende, ma allo stesso tempo risulta opportuno incontrare generosi paragrafi e intere pagine sulla title track e gli altri singoli. La lettura a ogni modo rimane piuttosto agile perché, come nel resto del libro, incontra una prosa narrativa spesso venata di una certa piacevole (ma mai esagerata) ironia, in un efficace equilibrio di sintesi e competenza.
Madeddu riesce a mantenere un giudizio imparziale anche nella produzione discografica successiva, dagli esiti quanto mai ‘elettrocardiografici’.
Viene stoicamente sottolineato il grado di (dis)impegno dell’ex Ziggy Stardust durante gli anni ’80 sia sui dischi ufficiali che nei singoli estemporanei fino al progetto Tin Machine. La successiva serie di album, ancora piuttosto lunga, è affrontata senza troppe sbavature e includendo qualsiasi bonus track e versioni alternative che potrebbe mai venire in mente.
Su queste pagine 1.Outside, Earthling, ‘Hours…’, Heathen e Reality ricevono pari attenzione interpretativa dei loro predecessori (bello addentrasi nelle accurate e prolisse trattazioni di canzoni come Hallo Spaceboy), con il significativo apporto di un apprezzabile recupero delle fonti critiche italiane dell’epoca.
Sebbene la tendenza all’assolutismo in materia bowieana è rinvenibile sulle pagine scritte da Nicholas Pegg, fa piacere non incontrare alcuna iperbole e nemmeno gravi mancanze nel muoversi all’interno di una discografia che sarebbe terreno minato per chiunque.
Come nel primo volume è evidente anche qui come si sia attinto a fonti alternative europee, rispetto a quelle normalmente frequentate dalla critica anglosassone. I fan più esigenti e puri di cuore scopriranno dunque qualche nuovo dettaglio e potrebbero leggere con interesse anche quello che il giornalismo italiano aveva a volte da (ri)dire su artista mai ben compreso, a lungo considerato anomalo e spesso categorizzato ogni volta in modo approssimativo.
Peccato sia assente una sezione dimostrante tutto il lavoro di ricerca svolto dall’autore, probabilmente per una imposizione di limiti editoriali.
La seconda parte della carriera di David Bowie vide una quantomeno apparente s-vestizione delle famose maschere indossate durante gli anni ’70, eppure non mancano gli occasionali rimandi e l’accenno alle ombre del proprio glorioso passato. The Next Day e Blackstar sono gli ultimi due album rilasciati dopo la sua più lunga pausa artistica, contraddistinti da un misterico distacco dal proprio fanbase e quindi avvicinabili solo in modo molto personale.
Anche qui il lavoro di Madeddu appare completo ma per una maggiore comprensione raccomandiamo anche la lettura di quanto apparso in altre abbondanti uscite editoriali. Le storie dietro le canzoni è in conclusione un lavoro esaustivo e degno di essere inserito in ogni collezione anche perché, in fin dei conti, è al momento il più aggiornato.
Quindi un’ottima risorsa da affiancare all’ascolto “liquido” per le nuove generazioni di fan.